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28 febbraio 2014 5 28 /02 /febbraio /2014 00:05
Rosarno, la risposta del sindaco Elisabetta Tripodi alle interrogazioni dei consiglieri Udc
Le polemiche erano seguite ad una mancata costituzione di parte civile contro un presunto esponente della cosca Pesce
29/11/2013 | Edicola di Pinuccio | Comunicato
ROSARNO – Ancora una volta viene posto dai consiglieri comunali interroganti Palaia e Rachele, oggi transitati nelle file dell’opposizione, il medesimo quesito, già oggetto di risposta in più Consigli comunali, sulla motivazione che le risposte date in tale sede non abbiano soddisfatto la loro necessità di conoscenza. Preliminarmente occorre fare chiarezza su quanto deliberato dal Consiglio comunale nella seduta del 30 agosto 2011. Tale premessa è necessaria perché in quella seduta si discusse della lettera, inviatami dal carcere di Opera dal detenuto sig. Rocco Pesce il 25 agosto del medesimo anno. Occorre ricostruire quella seduta a memoria degli interroganti perché entrambi erano assenti. Il consigliere Palaia, allora nello schieramento di maggioranza, era assente alla seduta e non ha mai giustificato le ragioni della mancata presenza e, per tale motivo, non può ricordare che cosa avvenne e cosa si deliberò in quella sede. Il consigliere Rachele non era ancora subentrato in consiglio comunale. Si deliberò un ordine del giorno che confermava quanto la Giunta aveva già scelto in autonomia (delibera Gc 51 del 31 marzo 2011, n 52 del 5 aprile 2011) ossia di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia, all’interno di un documento di solidarietà alla sottoscritta, e non invece di costituirsi in tutti i processi nei quali il Comune è individuato come parte offesa, come sostenuto dagli interroganti. Ebbene, quell’ordine del giorno non è mai stato disatteso e la Giunta comunale da me presieduta si è costituita parte civile in tutti i procedimenti penali per il reato di 416 bis nei quali è stata individuata parte offesa (Gc 51/2011, Gc 52/2011, Gc 70/2011, Gc 149/2011, Gc 138/2012, Gc 139/2012, Gc 189/2012, Gc 212/2013) tutti procedimenti che vedono coinvolti centinaia di imputati.

Nella seduta consiliare del 23/11/2012 ad una interrogazione identica presentata dal consigliere Grande Sud Saccomanno e che vedeva per la prima volta i consiglieri Palaia e Rachele all’opposizione esposi le motivazioni della mancata costituzione e non in modo evasivo. Ribadisco che decidemmo tutti insieme la non costituzione perchè ritenevamo che trattandosi di un reato di minaccia ad un corpo politico amministrativo e non di un reato associativo commesso dalla medesima persona rispetto alla quale eravamo già costituiti nel processo “All Inside” e che lo stesso era ancora in corso, nessun danno ulteriore dovevamo difendere. Ho sempre, inoltre, ribadito che da quella lettera io mi sono sentita diffamata come da verbale e intervento del 30 agosto 2011. Al medesimo quesito ho risposto in altre sedute del consiglio comunale in scontri verbali accesi con il consigliere Palaia. Gli interroganti, sostengono, che l’argomento non fu mai discusso con gli assessori della Giunta, di cui il loro partito faceva parte, affermandolo sulla mancanza di una convocazione scritta dei punti all’o.d.g. della Giunta. Come loro dovrebbero sapere, la Giunta non è mai stata convocata per iscritto e con un o.d.g. predefinito e rigido, così come accade in quasi tutti i comuni di piccole e medie dimensioni. Ciascun assessore presenta le proprie proposte di deliberazione preparate dagli uffici e poi, nella riunione si discute delle scelte future da compiere. Così si decise di non costituirsi, discutendone con gli assessori e, ovviamente, non ci fu alcuna proposta di Giunta. Ciò non toglie che il consigliere Palaia, all’epoca consigliere di maggioranza, avrebbe potuto proporre, per il tramite dell’assessore di riferimento o della sottoscritta, la necessità di tale costituzione, soprattutto perchè conosceva l’iter processuale della vicenda, esercitando la propria pratica professionale legale, presso lo studio del difensore dell’allora imputato signor Rocco Pesce.

Si conclude evidenziando e riassumendo, come la sottoscritta non abbia violato alcun deliberato del Consiglio comunale che nella seduta del 30/08/2011 con il verbale n. 27 ha approvato un ordine del giorno che impegnava lo stesso a costituirsi parte civile nei processi contro la criminalità organizzata e di aver discusso con gli assessori e di aver deciso collegialmente e all’unanimità la non costituzione di parte civile nel procedimento penale contro il sig. Rocco Pesce per minacce ad un corpo politico amministrativo, non dovendo difendere interessi della comunità rappresentata o dell’economia del territorio.
http://www.edicoladipinuccio.it/rosarno-la-risposta-del-sindaco-elisabetta-tripodi-alle-interrogazioni-dei-consiglieri-udc/
‘Ndrangheta, lettera di minacce al sindacodi Rosarno. “Non inquino l’aria che respirate”

A scriverla il boss Rocco Pesce che dal carcere di Opera invia a Elisabetta Tripodi una missiva per lamentarsi delle "persecuzioni" subite da lui e dalla famiglia. Numerose le allusioni nel testo attraverso cui 'il pirata' tenta di far pressione sull'amministrazione comunale


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Il boss Rocco Pesce detto 'il pirata'
C’era una volta il pizzino. Poco comprensibile per gli estranei e soprattutto anonimo. Ora invece, anche le minacce della criminalità organizzata viaggiano via raccomandata con tanto di timbro, intestazione e firma. Accade a Rosarno, Comune del reggino dove il sindaco Elisabetta Tripodi ha denunciato ai Carabinieri di aver ricevuto una lettera manoscritta inviatale dal boss dell’ndrangheta Rocco Pesce detenuto dal 1981 nel carcere di Opera, in provincia di Milano, con le accuse di associazione a delinquere, detenzione illegale di materiale esplosivo e munizioni, omicidio, tentato omicidio, violazione delle leggi sulle armi, violazione delle leggi sulle sostanze stupefacenti, associazione di tipo mafioso, furto aggravato “e altro”, come scrive il gip Domenico Santoro nell’ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria Michele Prestipino e Rosario Ferracane.
Il 54enne capo cosca chiamato ‘il pirata’ per la caratteristica benda che porta sull’occhio destro, ma “anche per la sua spigliatezza e sbrigatività nel portare a termine le più complicate e spericolate operazioni delittuose”, già condannato all’ergastolo dal 1984 e destinatario di provvedimento cautelare nell’operazione “All inside” dell’aprile 2010, è stato raggiunto questa mattina in carcere dall’ordinanza eseguita dai carabinieri del capoluogo reggino “per aver usato minaccia nei confronti di un Corpo politico e amministrativo per impedirne – in tutto o in parte anche temporaneamente – o per turbarne comunque l’attività”.
Ma perché Pesce scrive al sindaco Tripodi? I motivi che angustiano ‘il pirata’ 54enne sono di fatto tre. Innanzitutto l’uomo esprime “rammarico e disappunto in relazione al fatto che il Comune di Rosarno si sia costituito parte civile nel procedimento a carico mio e della mia famiglia, dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle Istituzioni, dei commercianti o degli abitanti nel Comune di Rosarno da lei rappresentato”. Poi, scrive ancora Pesce, “la sua (del sindaco, ndr) esternazione, poi pubblicata sul giornale Calabria Ora, manifestante giudizi affrettati sicuramente influenzati da pregiudizi mediatici…”, cosa che, dice il boss “mi ha sconcertato, dato la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti, soprattutto il giorno delle elezioni amministrative dove lei è stata eletta per la sua serietà e personalità che gode di ottima etica professionale”. Infine il sequestro e lo sgombero dell’immobile a tre piani, in via Fogazzaro, del valore di 330 mila euro, in parte abitato dai familiari di Pesce (la madre e il fratello,ndr), già oggetto di confisca, che verrà assegnato a uso della collettività rosarnese. In riferimento a quest’ultimo fatto, Pesce è irritato perché secondo lui il sequestro non sarebbe dovuto alla “dubbia provenienza” dell’immobile, ma perché “considerato fabbricato non conforme alle normative urbanistiche o per mancanza di concessioni edilizie”, quando lei (sempre il sindaco, ndr) sa benissimo sulla base delle informazioni tecniche in materia di urbanistica che, statistiche alla mano, almeno il 50% dei fabbricati attualmente esistenti post ’67 nel Comune di Rosarno sono abusivi e a me non sembra che siano stati presi gli stessi provvedimenti nei loro confronti, non perché io lo desideri ma solamente per sottolineare la persecuzione a noi riservata”.
Insomma, il boss si dipinge come un perseguitato dalla giustizia e, a una prima lettura, sembra chiedere aiuto al sindaco Tripodi perché ristabilisca la verità. In realtà, come scrive il gip nell’ordinanza, “non tragga in inganno il contenuto a volte quasi ossequioso di alcuni passi della missiva, in cui sono, per contro, presenti frasi minatorie, talora caratterizzate dalla forma implicita delle allusioni, degli avvertimenti e dei richiami indirizzati al Sindaco quale rappresentante della Giunta chiamata ad imprimere un rinnovato indirizzo politico – amministrativo alla città, talaltra, invece, immediatanente percepibili”. Un esempio. In un passo della lettera Pesce scrive: “Lei stessa a maggior ragione data la sua carica amministrativa nel Comune, sa benissimo che la nostra famiglia è vittima di persecuzioni mediatiche per reati presunti e giudizi espletati sulla base del libero convincimento”, una frase che sembra non contenere esplicite minacce o allusioni. Ma subito dopo, il boss usa termini ben diversi: “Questo che le scrivo in modi ed enfasi del tutto confidenziale nascono per motivi che forse lei non sa in quanto molto giovane, non tanto nel merito, ma nella mia franchezza nell’esporre in modo pratico, dato che io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti famigliari, in occasione dei consueti aperitivi in Corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttivi di opinioni, dove si argomentava questioni interessanti della nostra città… mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me che l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze”.
Le premesse della missiva, del resto, sono degne della conclusione dove Pesce si lascia andare anche a una considerazione dal sapore razzista: “Vorrei che sappia che sono in galera da più di vent’anni innocentemente, ma il problema non è solo questo, nel mio stato detentivo la cosa che più mi disturba e mi fa soffrire è di quello che vengo informato, e nello specifico l’amministrazione comunale ha tra le sue priorità il benessere dei extracomunitari clandestini, anziché i problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno… forse consentendomi la provocazione perché non godono di sovvenzioni della Comunità Europea a differenza dei clandestini?”. Una provocazione che non solo il sindaco Elisabetta Tripodi respinge al mittente, ma che prontamente denuncia andando ad aumentare il già corposo faldone giudiziario a carico del ‘pirata’.
ADA FIORE, calabria, CATOZZELLA, ELISABETTA TRIPODI, EXTRACOMUNITARI, L'ALVEARE, ndranghetta, ORTA NOVA, ROCCO PESCE, SCIOGLIMENTO CONSIGLIO COMUNALE.ROSARNO, VOA SOCRATE,ISOLA DELLE FEMMINE  

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