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16 novembre 2009 1 16 /11 /novembre /2009 19:45
Rifiuti Smaltimento "processo pirolisi"





Una Risposta a “Sperimentazione del Dissociatore Molecolare: i primi dati”

 

on 09 nov 2009 at 11:40 1 vito enzo salatino

 

Dissociatore molecolare.

 

Il dissociatore molecolare per rifiuti solidi non è una novità. E’ il vecchio pirolizzatore con il nome cambiato, altrettanto inquinante contro l’ambiente e la salute delle popolazioni quanto l’inceneritore (anch’esso con il nome cambiato in termovalorizzatore).

 

I signori indicati nell’articolo ritengono di avere a che fare con dei poveri cretini e pensano che, andando a pescare processi e metodi vecchi, obsoleti e inquinantissimi (i pirolizzatori) e cambiandogli il nome commerciale (”dissociatori molecolari”) diventino nuovi, moderni, puliti e fantasticamente efficienti per trattare i rifiuti solidi urbani.
Si ripete lo stesso inganno degli inceneritori, inquinanti e dannosi da ogni punto di vista, cui vorrebbero restituire la “verginale purezza” semplicemente cambiandogli il nome (termovalorizzatori) per i poveri citrulli, mentre sono sempre la stessa cosa schifosa. E’ la stessa storia inventata dai furbetti mangiasoldi, ed è sempre lo stesso, come le “puttane” che cambiano nome e diventano “escort”, ma sempre le stesse prostitute di prima rimangono.
Basti dire quanto segue a commento dell’articolo:
1. Non è vero che questi “dissociatori molecolari” (nome commerciale generico e insignificante, che vale anche per gli inceneritori, che sono anch’essi dissociatori molecolari) siano impianti all’avanguardia. Sono invece dei pirolizzatori di rifiuti ad alta temperatura vecchi come il “cucco”.
2. Non è vero che hanno un impatto ambientale modestissimo. Sono altrettanto inquinanti dell’aria, acqua, suolo, atmosfera con mutamenti climatici, contro l’ambiente, contro la salute delle popolazioni e contro le direttive 20-20-20 della Unione Europea. E infatti chi li propone insipientemente sostiene che possono essere usati per il trattamento di qualsiasi rifiuto (sic !) senza alcuna necessità di pretrattamento (sic !), proprio come gli inceneritori.
3. Non è vero dal punto di vista chimico-fisico che danno ottimi risultati in termini di emissioni. Anch’essi, solo per quanto riguarda aria e atmosfera, emettono ossidi di azoto (NOx), biossido di zolfo (SO2), monossido di carbonio (CO), acido cloridrico (HCl), acido fluoridrico (HF), Ammoniaca (NH3), metano (CH4), metalli pesanti volatili, Mercurio neurologico, cadmio (Cd), diossine e dibenzoossifurani, nanopolveri cancerogene. Tutte sostanze velenosissime, cancerogene e mutagene. Naturalmente poi, altre all’aria, contaminano anche l’acqua, il suolo, l’atmosfera con mutamenti climatici, vanno nei vegetali, nella carne degli animali e quindi nel cibo che mangiamo (catena alimentare).
4. Non è vero che il “gas di sintesi” ottenuto da questi impianti e relativi rifiuti solidi serve per produrre energia termica per combustione (altro processo inquinantissimo ) ed energia elettrica. Non è un gas adatto per questo perchè enormemente contaminato da una miriade di impurezze dannose e di sottoprodotti di ogni genere, con un potere calorifico scadente e irrisorio. Anzi si consuma una enormità di energia proprio per realizzare la pirolisi (”dissociazione molecolare”) ad alta temperatura generando ulteriori inquinanti da combustione di fossili (gas inquinanti e ad effetto serra con mutamenti climatici, contro le direttive 20-20-20 della Unione Europea).
5. Non è vero che danno solo un residuo di ceneri del 4%. Danno invece fino al 10% di ceneri (fly ash) volatili contaminate da diossine e metalli pesanti, che sono rifiuti tossici speciali, da confinare in discariche tecnologiche per rifiuti tossici. Danno anche un residuo di scorie solide pari al 15% del volume originale dei rifiuti, che sono anch’esse tossiche e rifiuti tossici speciali da confinare in discariche speciali per evitare la contaminazione dei terreni. Sono acide, distruggono la vegetazione, rilasciano metalli tossici (Cadmio, Piombo e Mercurio) che in ambiente acido riescono a penetrare nel terreno e contaminare le falde acquifere.
6. “La massima attenzione per queste novità (dissociatori)” è necessaria, ma per rifiutarli nella maniera più assoluta, analogamente agli inceneritori e gassificatori dei rifiuti solidi.
7. Ha fatto benissimo la regione Toscana a non finanziare questo progetto, appunto perchè ripristina ipocritamente un procedimento (pirolisi) vecchissimo e dannosissimo per l’ambiente e la salute, nè deve incentivare in alcun modo dissociatori o pirolizzatori molecolari.
8. E’ una vera fandonia ipotizzare che il gas contaminato prodotto dai dissociatori possa essere utilizzato per produrre Idrogeno, tanti sono gli inquinanti che lo accompagnano in percentuali diverse nella miscela, e che andrebbero tassativamente separati, rendendo questo recupero di Idrogeno una vera follia economica, altro che “opportunità straordinaria” (menzogne continue per spillar soldi al prossimo).
9. Non è vero che questi dissciatori-pirolizzatori sono efficienti, affidabili, flessibili, adattabili ad ogni esigenza e che si pongono in alternativa agli inceneritori. Sono in relatà la stessa cosa identìica, altrettanto sconcia.

 

Salatino

 

 

 

 

 


Sperimentazione del Dissociatore Molecolare: i primi dati

 

Le commissioni Ambiente e territorio e Speciale Rifiuti in visita all’impianto di Peccioli (Pi).

Un impianto assolutamente all’avanguardia, unico in Europa: un modello che potrebbe rappresentare un efficace soluzione per arginare situazioni di emergenza in Toscana. In aeree come il Chianti, la Lunigiana, il Mugello questo tipo di macchinario può essere una risposta concreta, grazie al suo impatto ambientale modestissimo. Infatti ha dimensioni ridotte, caratteristica che ne permette la realizzazione in ‘piccoli’ moduli che possono essere posti anche nelle vicinanze delle aree di produzione delle biomasse. Inoltre la tecnologia che viene usata permette la gestione di qualsiasi materiale a base carbonica senza alcuna necessità di pretrattamento”. Così il presidente della commissione Territorio e ambiente Erasmo D’Angelis (Pd), nel corso della visita, programmata di concerto con la commissione Speciale d’inchiesta sul ciclo dei Rifiuti urbani presieduta da Paolo Marcheschi (Fi-Pdl) al dissociatore molecolare di Peccioli (Pi).
Il nuovo impianto, gestito dalla società Belvedere presieduta da Renzo Macelloni, è arrivato al sesto mese di sperimentazione –durerà ancora un anno e mezzo - dando ottimi risultati. “I primi due cicli di analisi – ha spiegato Macelloni – hanno rivelato esiti molto buoni in termini di emissioni. Va detto che la dissociazione riduce del 90 per cento il volume dei rifiuti elaborato”. Il dissociatore molecolare permette di trasformare i rifiuti in un gas di sintesi finalizzato alla produzione di energia elettrica e termica. Dopo la trasformazione della materia il gas di sintesi viene ossidato e avviato al recupero energetico senza rischi né per gli addetti, né per la popolazione. Gli impianti in esercizio, dotati di misuratori in continuo delle emissioni in atmosfera, che gestiscono materiale “tal quale” senza alcun pretrattamento, evidenziano emissioni in atmosfera di ordini di grandezza inferiori ai limiti di legge, un residuo di ceneri bianche (prive di carbonio) nell’ordine del 4%.

“Il sistema, grazie alla sua eccellente capacità di conversione del materiale caricato in gas – ha aggiunto Macelloni - trasforma la quasi totalità dell’energia contenuta nel materiale in un eccellente vettore energetico come il gas di sintesi. Va inoltre sottolineato come questa soluzione impiantistica può essere operativa in pochi mesi”.

Soddisfazione per la sperimentazione è stata espressa anche dal consigliere Mario Lupi (Verdi) che ha sottolineato l’importanza della “massima attenzione e conoscenza per questa novità che potrebbe essere l’uovo di Colombo per approcciarsi alla problematica rifiuti”.

Esperimento importante anche per Giovanni Ardelio Pellegrinotti (Pd) che ha evidenziato quanto importante potrebbe “essere chiudere il cerchio di questo processo se si riuscisse a far sì che il gas prodotto fosse utilizzato come combustibile per energia”. “In Toscana - ha aggiunto - resta l’assoluta necessità di fare impianti”. Necessità ribadita anche dal presidente della commissione Speciale Rifiuti Paolo Marcheschi (Fi-Pdl) secondo il quale “La situazione in Toscana è in prossimità di emergenza. Gli impianti mancano, quindi sperimentazioni di questo genere sono fondamentali. La criticità è comunque ampia; raccolta differenziata sì, ma va favorito e creato un mercato “verde” di prodotti riciclati”.

Perplesso il consigliere Luca Paolo Titoni (Udc) che lodando la sperimentazione di Peccioli ha ricordato che “la Regione non ha dato neanche un finanziamento per questo progetto, mentre sono proprio questi i programmi sui quali andrebbe maggiormente investito”. Infine il presidente della commissione Sanità Fabio Roggiolani (Verdi), d’accordo sulla necessità di nuovi impianti, ha ricordato che la Regione ha approvato la sperimentazione ed ha invitato il Consiglio tutto a “creare uno start-up per produrre dissociatori molecolari, scendendo in campo concretamente e lanciando così un input verso questa direzione”. (parlamento.toscana.it)

Visita all’impianto di dissociazione molecolare dei rifiuti di Husavik, Islanda (Ecquologia)

 


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Smaltimento dei rifiuti. Presentata a Palermo una tecnologia "alternativa" al termovalorizzatore. E costa la metà. Perché?





di Ignazio Panzica

30 ottobre 2009 20:13



Quale è il futuro dello smaltimento dei rifiuti nella Sicilia che trabocca di “munnizza”? I termovalorizzatori con camino di emissione nell’atmosfera di fumi, vapori e polveri? Mio Dio, no! Quest’incubo dovrebbe essere sfumato.


 


Così, sotto forma di provocazione intellettuale e politica, il circolo palermitano PD “Ignazio Florio”- sotto l’occhio attento della deputazione regionale del PD -ha voluto organizzare nella cornice della “Sala Gialla” dell’ARS, la presentazione di un esempio di “processo pirolisi”, la tecnologia alternativa ai termovalorizzatori frutto della ricerca scientifica internazionale (USA, Germania, Svezia) sul “processo alternativo a tenuta stagna” (ossia senza camino esterno) ha sfornato negli ultimi dieci anni sul mercato mondiale per lo smaltimento “dolce” dei rifiuti . Oggi è toccato alla versione “pirolisi” made in “Pyromex”, la società multinazionale svizzera, che da qualche anno ha aperto una sua filiale in Italia. Presente, il team tecnico internazionale della “Pyremex spa”, che di impianti di questo tipo – negli ultimi anni - ne ha realizzati tanti in giro per il mondo. E, anzi, nei prossimi mesi né consegnerà uno di rilievo alla provincia di Cesena.


Di che si tratta ? Hanno spiegato i professori Thomas Jeney (americano) e Lazlo Szabò (ungherese) che si parla di impianti di smaltimento modulari, calibrati ai bisogni di ogni determinato territorio locale, piccolo o grande. Da centomila abitanti sino a un milione, con grandezze in scala di progressione proporzionale : da 100 tonnellate al giorno (per centomila abitanti) a salire. Di che si tratta ? Del processo di “pirolisi a camera stagna” che, bruciando senza combustione canonica ed in assenza di ossigeno, degrada tutti i rifiuti; tranne il materiali ferrosi ed il vetro. E, concretamente, come funziona ? Con il brevetto “pyromex”, che parte dal processo della “pirolisi”, si provoca la degradazione termica della “munnizza”, tra i 1110 ed i 1500 gradi, senza combustione, né camino di emissioni di polveri e vapori all’esterno. Offrendo – come è insita nell’invenzione del processo della pirolisi -il vantaggio di non lasciare residui da portare in discarica alla fine, ma anzi producendo una sorta di scoria - nella percentuale massima del 10% dei rifiuti originari lavorati – dalle caratteristiche del tipo materiale inerte, vetrificato. Prodotto buono da riciclare, in condizioni di sicurezza per l’ambiente e la salute, per realizzare manti stradali e laterizi in genere.


In cosa consiste “l’appeal” politico e d’immagine di questa tecnologia per la classe politica ? Sicuramente – al di là del suo profondo rispetto per gli equilibri eco ambientali- i fattori di rilievo – come in quasi tutti gli altri tipi di impianti fondati sulla “pirolisi”- sono quattro : a) meno invasività paesaggistici degli impianti di questo genere sul territorio; nel senso che ci vuole meno terreno per costruirli (meno di 2000 metri quadri per quello di 100 tonnellate/giorno), addirittura si può posizionare sottoterra, coprendolo con un giardino prensile; b) si può limitare l’appesantimento dell’antecedente “raccolta differenziata” alla sola frazione “umida” (verdure, frutta , et consimili) che verrebbe lavorato a parte per la trasformazione in “compost” (concime) per l’agricoltura ; c) utilizzando il sistema della “gassificazione” di fondo, produce un gas, “il syngas”, in grado, con l’intervento di una particolare turbina brevettata, di produrre energia elettrica (e/o gas per teleriscaldamento dove è possibile realizzare una rete cittadina); la precondizione indispensabile per poter rientrare nei lucrosissimi contributi statali di gestioni previsti dal fondo del Cip 6 d) ed infine, last but not least , un costo di impianto che va dai 2-3 milioni di euro per una cittadina come Partinico ai 170/200 milioni di euro per una città di 700mila abitanti come Palermo : ossia con un risparmio economico,tra il 35 ed il 60 per cento, per unità di prodotto rispetto ad un termovalorizzatore (leggasi inceneritore) di vecchia generazione con il quale il Sindaco Cammarata voleva attrezzare Palermo. Mica noccioline! Siamo, comunque, lontani dal costo complessivo per soli quattro termovalorizzatori previsti dal Piano regionale dei rifiuti del 2002, che avrebbe chiuso con un conto consuntivo di ben 5 miliardi e mezzo di euro.


E’ chiaro, che di questo tipo di tecnologie ce ne sono decine. Innovative, avanzate, ecologicamente corrette, e low- cost, il mondo civile, all’estero, ne è pieno. Oggi, per i siciliani, si tratta solo di saper scegliere, con oculatezza quale di queste decine di queste moderna tecnologia sia più conveniente poter adottare. Una volta tanto il cronico ritardo con cui i siciliani provvedono alle urgenze di casa propria, rischia di rivelarsi provvidenziale e fonte di enormi risparmi finanziari ed ecologici. Pensate che : “gli incubi” come quelli rappresentati dai termovalorizzatori tipo Acerra, o quello pensato in questi anni per Bellolampo, con i loro “incredibili” camini di emissione all’esterno, risultano vivamente promozionati e offerti alle pubbliche amministrazioni solo : in Italia, Est Europa ex comunista ed Africa. Perché, anche, nella sfortunatissima Asia o nel decollante Sud-America, se qualcuno tenta di piazzare ad un governo un “inceneritore” come quello di Acerra, come dire, non finisce benissimo per il “furbo” tapino di turno che ci prova. Ma, allora, perché in Sicilia, taluni insistono sull’urgenza di realizzare i termovalorizzatori? Ce lo chiediamo, e lo chiediamo ai lettori.


 




Messaggio gruppo Gruppo "Rifiuti Zero Palermo"

 


A.T.O. PA1 A.P.S.

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commenti

L
complimenti per il blog, ho trovato tanta informazione utile.
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