Anno zero: “lo stato trattò con la mafia”
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Massimo Ciancimino, il più piccolo dei cinque figli dell'ex sindaco di Palermo condannato per mafia + Insulti alla Bindi, scontro premier-Pd + La stampa estera: "Colpo al premier" |
"Lo Stato trattò con la mafia"
E’ partita con un battibecco duro fra Di Pietro e Ghedini, la nuova puntata di Annozero. Mentre il conduttore Michele Santoro ha detto di «rimpiangere anche i tempi dell’editto bulgaro». Il leader di Idv esordisce dando del «delinquente» a Berlusconi, l’avvocato deputato lo interrompe e ribatte. Di Pietro: «Ma questo si è fatto uno spinello». E Ghedini: «Forse se li fanno li amici suoi».
C’era molta attesa per questo Annozero dedicata al rapporto tra mafia e istituzioni. Ospite in studio anche Massimo Ciancimino, il minore dei cinque figli di Vito, il sindaco del sacco di Palermo definito da Buscetta organico alla cosca dei corleonesi. Ciancimino jr, già condannato in primo grado per riciclaggio, è anche teste d’accusa in inchieste delicatissime condotte dai magistrati di Palermo e Caltanissetta per la storia del «papello», il documento che proverebbe trattative fra mafia e politica nel ‘92, a cavallo tra le stragi di Falcone e Borsellino.
Intervistato l’allora Guardasigilli Claudio Martelli conferma che trattativa ci fu. Racconta che Liliana Ferraro, direttore degli Affari penali del ministero e prima collaboratrice di Falcone, gli aveva comunicato di aver ricevuto una visita dell’allora capitano De Donno, che l’aveva informata che Ciancimino voleva collaborare ma chiedeva in cambio garanzie e coperture politiche. E lei lo aveva fatto sapere anche a Borsellino. Agnese Borsellino, dopo 17 anni, rompe il silenzio e si appella ai pentiti: «Chiedo in ginocchio di far luce sui mandanti della strage annunziata».
C’era attesa ma soprattutto preoccupazione in Rai e nei palazzi, tanto che in giornata si era sparsa voce di telefonate dei collaboratori del premier al dg Masi, e uno degli esiti è forse la sostituzione come ospite dell’ex ministro Castelli con Ghedini, visto che si parlava anche del lodo Alfano. La prima puntata di Annozero con la escort D’Addario aveva fatto inviperire Berlusconi e indotto il ministro Scajola a convocare i vertici Rai e ad aprire un’istruttoria per verificare il rispetto del contratto di servizio. Una doppia iniziativa che ha allarmato l’opposizione, che ha parlato di «invasione di campo senza precedenti su competenze che sono del Parlamento e dell’Agcom. Ieri l’incontro di Scajola con Masi e il presidente Garimberti, «per acquisire informazioni sulla programmazione, in particolare sulle trasmissioni giornalistiche di approfondimento».
Il governo avrebbe intenzione di utilizzare il rinnovo del contratto fra Rai e Stato per ritagliarsi un ruolo di controllo più stringente e formale, ma Garimberti mette le mani avanti e ribadisce che, «nel rispetto delle normative vigenti la Rai resta un’azienda autonoma dal punto di vista editoriale e organizzativo». E l’Usigrai avvisa: «No alla sudditanza al governo su singole trasmissioni, o sarà sciopero». Contratto di servizio, Annozero ma anche Tg1, diventato un «caso» dopo l’editoriale del direttore Minzolini. Il cda si è diviso, la maggioranza schierata col dg a difesa di Minzolini e del suo Tg, che i colleghi di opposizione considerano «ormai trasformato da tg istituzionale in organo filogovernativo». Il cda sentirà giovedì Minzolini e Mazza, direttore di RaiUno, poi toccherà al vicedirettore Leone che segue per la Rai il rinnovo del contratto di servizio.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200910articoli/48067girata.asp
Borsellino sapeva della trattativa. Ruotolo convocato dai magistrati di Palermo
di Anna Petrozzi - 9 ottobre 2009
Un altro colpo di scena, un altro improvviso lampo di memoria getta un po’ di luce sul mistero delle stragi del ’92 e ’93. VIDEO E CORRELATI
ALL'INTERNO!
Ieri sera ad Anno Zero è stato addirittura Claudio Martelli, Ministro di Grazia e Giustizia di quell’epoca, a fare la rivelazione delle rivelazioni: Paolo Borsellino sapeva della
“Trattativa”, dell’ormai famoso dialogo tra Stato e Mafia avvenuto proprio a cavallo delle stragi.
Secondo la testimonianza dell’ex ministro, andata in onda solo in forma di intervista però, il capitano De Donno si era recato dall’allora direttore degli affari penali, Liliana Ferraro,
strettissima collaboratrice di Falcone, per spiegarle che Vito Ciancimino sarebbe stato disposto a passare dalla parte dello Stato a patto di avere copertura politica. La Ferraro “molto
opportunamente e senza nemmeno bisogno che mi consultasse”, spiega Martelli, “gli disse di rivolgersi prima di tutto al magistrato competente, cioè Paolo Borsellino.
Questo dialogo, spiega in collegamento da Palermo Sandro Ruotolo, in questi giorni oggetto di minacce ritenute molto pericolose dalla Digos che lo sta proteggendo, sarebbe avvenuto nel
trigesimo della strage di Capaci, in occasione della messa a suffragio, quindi il 23 giugno. Dopodiché, ed è questa la vera novità, Liliana Ferraro ne avrebbe parlato direttamente a Paolo
Borsellino.
Tutta questa sequenza di eventi sarebbe stata confermata dall’interessata a Martelli che se ne è fatto garante, telefonicamente, presso Ruotolo.
Da qui sorgono spontanee almeno due domande: la prima, la più ovvia, è perché due “amici” di Giovanni Falcone, come sono stati sempre pubblicamente considerati, Liliana Ferraro e lo stesso
Martelli decidono di parlare solo ora.
La seconda è se De Donno, che incontra Borsellino con Mori due giorni dopo la suddetta conversazione, il 25 giugno 1992, nella caserma Carini di Palermo, ne abbia parlato con il giudice così
come gli disse la Ferraro.
Difficile se non impossibile pensare che Borsellino, se fosse già stato informato dei dialoghi tra Ciancimino e De Donno non gliene avrebbe chiesto conto immediatamente in quella riunione che a
detta dell’allora colonnello Mori sarebbe stata super riservata. Se così fosse Mori e De Donno non solo non avrebbero mai riferito questa circostanza, ma avrebbero mentito dicendo che in
quell’occasione parlarono solo di mafia e appalti.
Un elemento di indagine importantissimo quindi per i magistrati di Palermo che proprio sulla trattativa stanno lavorando da tempo. Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia intanto ha convocato
d’urgenza Ruotolo per fare chiarezza e vorrà ovviamente sentire anche gli interessati. Se la Ferraro e Martelli dovessero confermare a verbale si potrebbe ampliare ulteriormente quello scenario
già all’esame della Corte presieduta da Mario Fontana che sta processando il generale Mori e il colonnello Mauro Obinu per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
Secondo l’accusa sarebbe esistito un patto tra Provenzano e alcuni referenti politici per ristabilire l’eterno equilibrio tra Cosa Nostra e Stato, interrotto definitivamente con le condanne
all’ergastolo sancite dal Maxi processo e dalla caduta rovinosa della Dc e del vecchio sistema partitico con mani pulite. All’interno di questo accordo ci sarebbe stata la consegna di Riina, la
mancata e mai sufficientemente spiegata perquisizione del suo covo, la mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso nel 95 e tutta una serie di eventi che hanno ristabilito con gli anni la pax tra
Stato e Mafia diventata oggi la maggior “azienda” del Paese garantita e agevolata da leggi che ne reprimono principalmente la sfera militare.
Per raggiungere questo obiettivo, aveva più volte detto Provenzano ai suoi, c’era da pazientare una decina d’anni e soprattutto era stato necessario eliminare alcuni ostacoli, tra cui Paolo
Borsellino e creare il necessario clima di instabilità politica e istituzionale, quindi anche le stragi del ’93.
Certo, trovare preciso riscontro processuale a tutto questo diabolico progetto è tutt’altro che semplice ed è diventato un carico enorme sulle spalle di pochi magistrati e forze dell’ordine.
Proprio tra ieri e l’altro ieri si sono svolte due udienze del dibattimento in questione in cui ha deposto il collaboratore di giustizia Antonino Giuffré, l’ultimo dei pentiti ad avere avuto
stretta relazione con Provenzano dopo la cattura di Riina.
Soppesando ogni singola parola l’ex capo mandamento di Caccamo ha spiegato che la priorità per Provenzano era quella di trovare la soluzione ai loro problemi più gravi, accentuatisi con la
politica irruenta e di attacco allo Stato voluta da Riina e dalla quale il Provenzano aveva cominciato a dubitare, fin dalla decisione di votare il Psi, proprio di Martelli, al posto della Dc
nel ‘87.
I problemi sono quelli ormai noti dell’ergastolo e quindi della possibile revisione dei processi, i benefici carcerari anche per i mafiosi, il sequestro dei beni, la neutralizzazione dei
collaboratori di giustizia contenuti anche nel famoso “papello” consegnato da Riina a interlocutori politici per il tramite di Vito Ciancimino.
Giuffré, senza una parola di troppo, riferisce semplicemente che mentre la fazione di Bagarella e Brusca continuava a mettere a ferro e fuoco il Paese con le “bombe del continente” (Firenze,
Milano e Roma) Provenzano lavorava alla “sommersione”, cioè a non fare eccessivo rumore per poter ritornare ai vecchi tempi della coabitazione con lo Stato e del grande business.
Ad un certo punto tra il ‘93 e il ‘94 aveva rassicurato i suoi più intimi di avere le garanzie necessarie e che occorreva prodigarsi per sostenere la nuova forza politica: Forza Italia.
A fare da tramite per questo rinnovato accordo: Marcello Dell’Utri.
La stessa ricostruzione l’ha fornita ieri sera Massimo Ciancimino ad Anno zero ribadendo quanto già riferito ai magistrati.
Ad un certo punto – ha raccontato - suo padre, don Vito, si era sentito scavalcato. Aveva capito di essere stato utile alla cattura di Riina e quindi alla causa della nuova trattativa che
avrebbe riportato la pace tra stato e mafia, ma che ormai la sua funzione era finita.
Un po’ dispiaciuto aveva però finito con condividere la scelta di Provenzano di proseguire nei suoi negoziati con un uomo nuovo in grado di fargli da agente presso la nuova politica: Marcello
Dell’Utri.
Anche le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sono all’attento vaglio degli inquirenti che lo sentiranno presto a processo, nel frattempo però a deporre il prossimo 20 ottobre sarà invece suo
fratello.
Giovanni Ciancimino, avvocato, era rimasto finora al di fuori da tutte le delicate faccende relative al padre. Tuttavia, chiamato dai magistrati, ha confermato di essere a conoscenza della
trattativa e del ruolo svolto in questo passaggio dal genitore.
Assieme a lui è stato convocato anche l’onorevole Violante che, pure lui con il lieve ritardo di 17 anni, ha rammentato di essere venuto a conoscenza di questo dialogo tra il Ros e Ciancimino.
Le sue dichiarazioni tardive sembrerebbero essere su alcuni punti discordanti, sarà compito delle parti a processo tentare di rimettere in ordine questo intricato periodo storico che ha segnato
indelebilmente, piaccia o meno, la storia del nostro Paese.
E’ evidente che siamo in un momento politico assai delicato in cui sembra stiano per emergere pezzi di verità sempre più inquietanti che stanno facendo sperare gli italiani onesti e i tanti
famigliari delle vittime. Ieri sera la trasmissione di Santoro si è aperta con una richiesta, sempre aristocratica e composta, di Agnese Borsellino, in cui la moglie del giudice chiede a
chiunque sia informato di quei fatti di dire la verità perché ormai i tempi sono maturi. Poiché solo la verità potrebbe restituire dignità al nostro Paese.
Questo compito però, ed è bene che ce lo ricordiamo tutti, non può essere delegato alla sola magistratura, un’altra volta, ma deve essere condiviso. La società civile deve essere attenta, è
vero, ma ora si dovrebbero sentire anche la voce degli intellettuali, degli storici, dei grandi giornalisti. Che non si nascondessero dietro le verità processuali, ce n’è abbastanza per
analizzare questa fantasmagorica omertà di stato che solo oggi sembra lievemente infrangersi. E poi teoricamente ci sarebbe la politica; se ci fosse una classe dirigente onesta e coraggiosa
sarebbe arrivato il momento anche per loro di una bella autocritica. E magari di una bella pulizia.
DOSSIER TRATTATIVA REALIZZATO DA ANTIMAFIA Duemila:
Vaticano ( 2 articoli ):
''... ne avete fatto una spelonca di ladri'' - Prima Parte
''... ne avete fatto una spelonca di ladri'' - Seconda Parte
Paolo Borsellino ( 14 articoli )
:
Dietro il paravento della normalizzazione
Borsellino:"Quando la mafia alternativa allo Stato"
Conferenza tenuta ad Agrigento dal Giudice Paolo Borsellino in data 10.01.1989
I giovani la mia speranza
Il volto socio economico della criminalità organizzata
Il potere, lo Stato non ha mai voluto combattere seriamente la mafia
Conversazioni sulla mafia
Mafia: il nodo politico
Il consenso della società civile per lo stato, arma contro la mafia
Droga:un mercato di migliaia di miliardi
I giorni di Giuda
Palermo, 12 dicembre 1989
Rocco Chinnici - un uomo che andava contro corrente
Riforme e indipendenza della magistratura
Giovanni Falcone ( 25 articoli
):
Cosa nostra non ha mai accettato rapporti di subalternità
Che cosa è la mafia
Professionalità coordinazione per sconfiggere Cosa Nostra
Il fenomeno mafioso: dalla consuetudine secolare all'organizzazione manageriale
S.o.s dall'agenda 2000
Tendenze attuali del fenomeno mafioso e problemi conseguenti
Il problema delle indagini bancarie
Criminalità di massa e gestione piramidale del flusso degli affari
Lezioni sui pentiti
E' Palermo l'epicentro del fenomeno mafioso
Il ruolo fondamentale del pentitismo
Falcone: siamo corporativisti e poco professionali
Cooperazione internazionale contro i traffici di droga
"Mafia, poteri extraistituzionali e Stato ostacolano la democrazia e ispirano crimini"
Falcone: l'inefficenza dello Stato ostacola la lotta alla mafia
Cosa nostra non ha mai accettato rapporti di subalternit�
Ibridi connubi tra mafia, poteri extraistituzionali e settori devianti dello Stato
Pentiti, cardine fondamentale del processo accusatorio
Impegno costante nella lotta alla mafia
Nel dramma dei pentiti
La necessaria professionalità del giudice
La mafia dall'interno
L'importanza di Leonardo Vitale
I cardini del processo accusatorio Perchè Scopelliti? Mafia i nuovi bersagli
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http://www.antimafiaduemila.com/index.php?option=com_content&task=view&id=20326&Itemid=78
Intervista a Massimo Ciancimino. ''Nel papello le contro richieste della mafia''
di Pino Maniaci e Pietro Orsatti - 9 ottobre 2009
Stagioni delle stragi e trattativa tra lo Stato e i boss. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo: «Parlo con Ruotolo e dopo pochi giorni gli arrivano le minacce».
Una delle figure centrali della riapertura dei processi a Caltanissetta e Palermo sulle stragi e sulla trattativa fra Stato e Cosa nostra nei primi anni 90 è sicuramente Massimo Ciancimino,
figlio di Vito, il sindaco del “sacco di Palermo”. Dopo aver deposto presso le procure di mezza Italia e dopo essere stato ritenuto credibile, almeno in parte, da molti pm, che sulle sue
dichiarazioni hanno aperto nuovi fascicoli, oggi è uno dei personaggi meno facilmente interpretabili di questo rinnovato interesse per il biennio 1992-93 e la stagione delle stragi. Lo
raggiungiamo telefonicamente mentre è in auto per partecipare alla puntata di “Annozero”, una partecipazione, la sua, non prevista fino all’ultimo minuto. Infatti era già stato raggiunto da
Sandro Ruotolo, che aveva registrato una lunga intervista. Poi negli ultimi giorni le intimidazioni verso il giornalista.
Una delle figure centrali della riapertura dei processi a Caltanissetta e Palermo sulle stragi e sulla trattativa fra Stato e Cosa nostra nei primi anni 90 è sicuramente Massimo Ciancimino,
figlio di Vito, il sindaco del “sacco di Palermo”. Dopo aver deposto presso le procure di mezza Italia e dopo essere stato
Ciancimino, lei rilascia un’intervista a Ruotolo e pochi giorni dopo il giornalista riceve minacce di morte. Solo una coincidenza?
Non sono al corrente dei dettagli della
questione, ma so che la Digos sta indagando a fondo sulla vicenda. Certo è che la coincidenza c’è e fa pensare. Ma non ho dettagli e alcuna certezza. Non mi fa star sereno, però.
Dell’Utri prese il posto di suo padre come mediatore nella trattativa?
Ovviamente non posso entrare nel merito di questo perché l’argomento è al vaglio dell’autorità giudiziaria. Questa dichiarazione che lei mi sta riportando, però, è stata frutto di
un’estrapolazione di qualche vostro collega. Comunque, io sto rispondendo ai magistrati anche su Marcello Dell’Utri.
Il famoso “papello”. Lo ha ancora lei? Lo ha consegnato ai magistrati?
Anche su questo argomento non posso rispondere perché si tratta di uno degli argomenti segretati. Quello che posso dire è che il papello -come a voi giornalisti piace tanto chiamare questo
foglio di carta – riguardava delle contro richieste di Cosa nostra, ed era… sta nelle mie disponibilità.
Ma le trattative erano due? Una con l’area stragista, l’altra con Provenzano e la fazione della “sommersione”?
Questa è una delle più accreditate ricostruzioni giornalistiche. Io sono convinto che la trattativa fosse solo una con vari personaggi che si alternano nelle varie fasi. Si trattava di una
questione di “equilibrio”.
Un giudizio su quella che fu la strategia portata avanti da Totò Riina?
Quello che penso di Totò Riina è stato anche manifestato nella mia piena disponibilità e volontà di contribuire al suo arresto. La valutazione si può sintetizzare in questo tipo di
comportamento.
Riina che oggi, dopo anni, ha ripreso a parlare.
L’ultimo messaggio di Riina sicuramente è qualcosa di strano, quello che mi fa pensare è che quando parla lo fa sempre su di me. Sicuramente non è indifferente il fatto che lui riconosca
pienamente il suo ruolo. “Non siamo stati noi”. Parla da capo dei capi. Riina parla poco e quando sa che deve parlare. Si esclude dall’eccidio di via D’Amelio ma non da altri fatti. Facendo
quella dichiarazione riconosce un suo ruolo preciso fino a quel momento, e poi, non so se per strategia, un disconoscimento di quell’ultima fase.
La rassicura sapere che ora anche suo fratello sta parlando in sede di magistratura confermando le dichiarazioni che lei ha fatto finora?
Mi conforta che mio fratello abbia fatto questa scelta, iniziando a collaborare e dichiarando in relazione ad aspetti di questa vicenda. Anche perché, al contrario di me, lui non ha in sospeso
alcun carico con la giustizia. Mio fratello, come la mia famiglia, è intervenuto con grande difficoltà e solo dopo che lo Stato si è preso carico della mia situazione. Sì, questo suo intervento
mi conforta molto.
Sta dicendo che dopo mesi lei, quindi, ha una scorta? È sotto tutela?
Sì, oggi sono con una scorta. Per quello che possono fare secondo lo schema e gli ordini del ministero e degli organi di tutela.
L’ha sorpresa l’esclusione della sua deposizione al processo Dell’Utri?
Ormai non mi stupisco più di nulla.
Tratto da: orsatti.info
VISITA: telejato.it
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/20312/78/
di Redazione - 14 ottobre 2009
Palermo. Sarebbe stato consegnato da Massimo Ciancimino il famoso papello di Riina ai magistrati di Palermo. Sembrava una leggenda invece il foglio contenente le richieste che il capo di Cosa Nostra nel 1992 avanzò allo Stato in cambio della fine della strategia stragista, è ora una realtà oggettiva.
Ecco uno dei documenti consegnati insieme al Papello
Già questa mattina il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, durante un dibattito contro la mafia organizzato dagli studenti di sinistra, al polo di scienze politiche dell'Università di Firenze, aveva accennato all’ ipotesi che presto la Procura ne sarebbe venuta in possesso. Ora finalmente il “papello” sarebbe negli uffici giudiziari di Palermo disponibile al vaglio degli inquirenti.
Se autenticato il documento tanto atteso potrebbe mettere in discussione molte delle versioni fornite dai vari soggetti che al tempo erano venuti a conoscenza della trattativa e rappresentare davvero una svolta nella ricerca della verità sulle stragi.
A parlare per primo del “papello” era stato il pentito Giovanni Brusca il 13 gennaio 1998. Interrogato nel corso del processo di Firenze sulle stragi del ’93, il pentito aveva riferito dell’esistenza di una trattativa tra il capo di Cosa Nostra e lo Stato, intavolata dopo la strage di Capaci. Fu lo stesso capo di cosa nostra ad informarlo di quel dialogo .''Si sono fatti sotto – gli disse - gli ho presentato un 'papello' di richieste lungo cosi'”. Dodici istanze che avrebbero compreso una serie di agevolazioni per cosa nostra tra cui la revisione del Maxiprocesso, l’abolizione del carcere duro per i mafiosi, la revisione della legge sulla confisca dei beni, l’annullamento della legge sui pentiti ed altri ancora. Richieste che il capo di Cosa Nostra avrebbe inoltrato alle istituzioni dopo che il capitano del Ros dei carabinieri Giuseppe De Donno e il generale Mori avevano cercato un dialogo con lui attraverso la mediazione di Vito Ciancimino. Ora resta da stabilire chi oltre ai vertici del Ros aveva garantito questa negoziazione. Le ultime dichiarazioni dell’ex Ministro Martelli e la lunga audizione della dottoressa Liliana Ferraro, nel 1992 alla direzione del Ministero degli Affari Penali, durata quattro ore proprio nella giornata di oggi forse hanno già contribuito a fare chiarezza.
LE FOTO tratte da l'Espresso
http://www.antimafiaduemila.com/index.php?option=com_content&task=view&id=20544&Itemid=78
minacce di morte a sandro ruotolo e il ritorno di piera aiello:
http://isoladellefemminedaliberare.blogspot.com/2009/10/minacce-di-morte-sandro-ruotolo_07.html