Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
27 febbraio 2014 4 27 /02 /febbraio /2014 22:06


Termovalorizzatori in Sicilia, gli analisti Enrst&Young: «Mazzette da 38 milioni»

La relazione effettuata dagli esperti sul Sole24Ore

PER PROGETTI MAI REALIZZATI

PALERMO - Mazzette per 38 milioni di euro sarebbero state pagate nell'ambito dei progetti per la costruzione di quattro termovalorizzatori in Sicilia, strutture mai realizzate. È la convinzione degli analisti della società di revisione Enrst&Youngal termine di un audit commissionato da Gea, il colosso tedesco quotato in Borsa che avrebbe dovuto fornire chiavi in mano, con l'italiana Pianimpianti, tre dei quattro maxi-inceneritori che avrebbero dovuto produrre energia bruciando rifiuti. Nella relazione, come riporta il Sole24Ore on line, gli esperti di Enrst&Young scrivono che sarebbero emersi «indizi che fanno presumere che un valore pari a 38 milioni di euro non abbia diretta correlazione con le commesse; che tale importo sia entrato a far parte delle commesse per effetto di sovrafatturazioni; che le transazioni per l'importo sopra citato siano state realizzate attraverso Pianimpianti e Lurgi; che le persone coinvolte sono state oggetto di indagini penali in Italia e in Germania per accuse di corruzione e che hanno fornito informazioni incomplete e contraddittorie sui fatti».


PRESUNTE TANGENTI - Il giro di presunte tangenti è finito al centro di una inchiesta della Procura di Bolzano, coordinata da Guido Rispoli. Il pm si trovò a indagare sulla tedesca Lurgi (subholding interamente posseduta da Gea) la cui controllata Lentjes aveva il 20% di Pianimpianti, poi ridotto all'8,23 per cento. Il pm scoprì che la Lurgi aveva pagato tangenti per aggiudicarsi il termovalorizzatore di Colleferro, in provincia di Roma, e che era invischiata in altre attività corruttive per la realizzazione di analoghi impianti in diverse zone d'Italia. Gli atti furono inviati a Palermo, ma l'indagine non decollò.



LA GARA INDETTA NELL’AGOSTO 2002 - La gara per i termovalorizzatori fu indetta nell'agosto 2002 dall'ex governatore Totò Cuffaro, nella veste di commissario delegato per l'emergenza rifiuti, e aggiudicata nel 2003 a quattro società consortili: Tifeo, Platani e Pea, controllate dal gruppo Falck-Actelios attraverso Elettroambiente, e Sicil Power, controllata da Daneco e Waste Italia. Il progetto si arenò nel luglio 2007, quando la Corte di Lussemburgo annullò i bandi per violazione delle norme europee. Dopo due anni i bandi furono riscritti dall'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque (Arra), gestita da Felice Crosta, il burocrate passato alla storia per la pensione d'oro. L'asta andò deserta per una clausola che imponeva al vincitore l'implicito risarcimento dell'aggiudicatario precedente. A quel punto l'ex governatore Raffaele Lombardo, subentrato al dimissionario Cuffaro coinvolto nell'inchiesta per mafia, abbandonò definitivamente il progetto.



RICORSI E CONTENZIOSI - L'affare dei termovalorizzatori siciliani ha originato un intreccio di ricorsi e contenziosi e un'indagine della Procura della Repubblica di Palermo. La magistratura palermitana si è mossa sulla base di un dossier che nel 2008 fu trasmesso da Guido Rispoli, oggi procuratore di Bolzano. Indagando sulle operazioni della società tedesca Lurgi attorno al termovalorizzatore di Colleferro (Roma), Rispoli aveva individuato tracce di attività di corruzione per gli impianti progettati in Sicilia. L'inchiesta si è sviluppata lungo due direttrici: la presenza di interessi mafiosi, riscontrata, e la distribuzione di mazzette. Il fronte

dell'indagine sulle presunte corruzioni è coordinato dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione. Sono state controllate le posizioni di vari soggetti, sono state delegate indagini bancarie ma al momento non ci sono indagati.



ECOMAFIE - Ha trovato invece riscontro la segnalazione di Roberto Scarpinato, oggi procuratore generale, che alla Commissione sulle ecomafie parlò di una cordata di politici, imprenditori, mafiosi e professionisti per gli appalti della discarica di Bellolampo. Il contesto è stato ricostruito attraverso indagini mirate. Più complesso il contenzioso scaturito dalla gara per Bellolampo prima annullata, poi di nuovo bandita e vinta da un consorzio di imprese che fanno capo alla Falck. La stessa Falck ha fatto ricorso contestando un onere improprio: il giudizio è in fase di appello dopo una sentenza negativa del Tar. Altri giudizi non ancora definiti riguardano altri aspetti del contenzioso amministrativo. 





Sicilia: spunta una tangente di 38 milioni per i termovalorizzatori (mai costruiti)



Per entrare nell'affare dei termovalorizzatori bisognava pagare: «Non possiamo escludere azioni di corruzione ed eventi penalmente rilevanti nell'ambito delle trattative connesse ai progetti siciliani». A lanciare l'allarme era stata la società di revisione Ernst & Young al termine di un audit che le era stato commissionato da Gea, il colosso tedesco quotato in Borsa che avrebbe dovuto fornire chiavi in mano, con l'italiana Pianimpianti, tre dei quattro maxi-inceneritori che avrebbero dovuto produrre elettricità bruciando rifiuti.

Impedimenti a catena. La gara fu indetta nell'agosto 2002 dal presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro nella veste di commissario delegato all'emergenza rifiuti ed aggiudicata nel 2003 a quattro società consortili: Tifeo, Platani e Pea, controllate dal gruppo Falck-Actelios attraverso Elettroambiente, e Sicil Power, controllata da Daneco e Waste Italia. Ma i manufatti non videro mai la luce per un complesso di ostacoli che impedì la realizzazione del progetto.
L'intralcio più grave si verificò nel luglio 2007, quando la Corte di giustizia del Lussemburgo, inaspettatamente, annullò la gara (perché non conforme alle norme europee) mentre erano in corso già da tempo, da parte delle aziende aggiudicatarie, le attività di preingegneria. 

La riscrittura dei bandi. Prima che i quattro bandi fossero riscritti e riproposti trascorsero altri due anni. Nel frattempo Cuffaro si era dovuto dimettere e al governo della Regione era salito Raffaele Lombardo. Ad occuparsi della riformulazione delle quattro gare fu l'Arra, l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, cui da tempo Palazzo dei Normanni aveva conferito i propri poteri in materia. L'operazione fu curata dal presidente dell'Agenzia, l'avvocato Felice Crosta, del quale rimarrannno leggendari lo stipendio e l'assegno di pensione. Siccome però la nuova asta andò deserta, per una clausola bizantina che imponeva al vincitore l'implicito risarcimento dell'aggiudicatario precedente, Lombardo abbandonò il progetto, aprendo tra sé e il centro-destra una frattura insanabile. 

Richieste di danni. Ne scaturì un ampio contenzioso legale che oppone ancora oggi la Regione siciliana alle imprese che lamentano il danno della soppressione della commesse: contenzioso che nel 2013 ha visto soccombere in primo grado la Falck davanti al Tribunale amministrativo regionale di Palermo e che adesso è in fase di appello. Sono tuttora in corso tre procedimenti davanti al giudice civile di Milano, uno davanti al Tar del Lazio, altre sette giudizi presso il Tribunale amministrativo di Catania, un altro davanti al Tribunale civile di Palermo, altri quattro davanti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e tre regolamenti preventivi di giurisdizione pendenti in Cassazione.

Indaga Bolzano. Ma torniamo alle azioni di corruzione di cui dicevamo all'inizio. Il primo ad accorgersi delle anomalie presenti nel cosiddetto Progetto Sicilia fu l'allora sostituto procuratore (oggi capo della Procura) di Bolzano, Guido Rispoli. Che c'entra la Sicilia con l'Alto Adige? Il nesso è casuale. Nella seconda metà degli anni Duemila, Rispoli si trovò a indagare sulla tedesca Lurgi – subholding interamente posseduta da Gea – la cui controllata Lentjes aveva il 20% di Pianimpianti, poi ridotto all'8,23 per cento. Il pm scoprì che la Lurgi aveva pagato tangenti per aggiudicarsi il termovalorizzatore di Colleferro, in provincia di Roma, e che era invischiata in altre attività corruttive per la realizzazione di analoghi impianti in diverse zone d'Italia.

Lurgi vuota il sacco. Grazie a una perquisizione in Germania, nel quartier generale della Lurgi, il pm acquisì documenti che inchiodavano l'azienda. Per la legge 231 sulla responsabilità penale delle società, l'impresa rischiava di non potere più lavorare con la pubblica amministrazione italiana. Per archiviare l'incresciosa vicenda, non le restò che la via del patteggiamento. Lurgi staccò alla Procura un assegno di 3,7 milioni di euro e incaricò Ernst & Young di effettuare una verifica ispettiva su tutte le attività che aveva in corso in Italia. Le conclusioni della società di revisione non davano adito a dubbi: «Sono emersi per tutti gli appalti italiani episodi oscuri in relazione a versamenti per provvigioni e/o sovrafatturazioni», e tiravano pesantemente in ballo la Sicilia. Fu così che Rispoli, nell'aprile 2008, trasmise uno stralcio dell'inchiesta alla Procura di Palermo.

Le sovrafatturazioni. Le carte provenienti da Bolzano contenevano elementi investigativi che appaiono, ancora a distanza di parecchi anni, di notevole interesse. Il valore della commessa in questione era stimato in 505 milioni, per il 45% di competenza di Lurgi (che nel frattempo aveva conferito le proprie attività alla partecipata Lentjes) e per il 55% di competenza di Pianimpianti, l'azienda di Crotone di cui era amministratore delegato e socio all'80% Roberto Mercuri. E su quella commessa sarebbe stata pagata una mazzetta multimilionaria.
Dall'ispezione di Enrst & Young emergevano «...indizi che fanno presumere che un valore pari a 38 milioni di euro non abbia diretta correlazione con le commesse; che tale importo sia entrato a far parte delle commesse per effetto di sovrafatturazioni; che le transazioni per l'importo sopra citato siano state realizzate attraverso Pianimpianti e Lurgi; che le persone coinvolte sono state oggetto di indagini penali in Italia e in Germania per accuse di corruzione e che hanno fornito informazioni incomplete e contraddittorie sui fatti». La Procura di Palermo proseguì le indagini? Con quali risultati? Chi erano i percettori delle tangenti? 

Uno stralcio da 800 pagine. La magistratura bolzanina riteneva che le notizie sulla Sicilia, emerse dal procedimento su Colleferro, fossero «meritevoli di approfondimento»; che fosse utile «intraprendere nuove attività» investigative. Per questo spedì un incartamento di 800 pagine al procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Messineo.
A Palermo la pista dei termovalorizzatori era già da tempo battuta dall'allora procuratore aggiunto Roberto Scarpinato (oggi procuratore generale presso la Corte d'Appello), che dirigeva il dipartimento di criminalità economica. Scarpinato aveva intuito, attraverso le indagini, che il progetto dei maxi-inceneritori e l'interesse di Cosa nostra per il settore dei rifiuti in Sicilia erano in stretta correlazione tra loro. 

L'audizione di Scarpinato. Il 12 ottobre 2007 il magistrato che aveva collaborato con Falcone e Borsellino partecipò a un'audizione dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle ecomafie, presieduta da Gaetano Pecorella. In quella sede lanciò l'allarme sull'impianto che Pea avrebbe dovuto realizzare a Bellolampo: osservò «come l'organizzazione mafiosa fosse incisivamente intervenuta per acquisire il controllo economico dell'intero ciclo dello smaltimento dei rifiuti urbani in tutta la Sicilia» e denunciò la «cooperazione di mafiosi, politici, professionisti e imprenditori anche non siciliani, finalizzata ad aggiudicarsi il monopolio degli appalti della discarica di Bellolampo per la progettazione e la realizzazione di un inceneritore». 
Scarpinato continuò ad indagare finché non lasciò Palermo per assumere l'incarico di procuratore generale a Caltanissetta. Cosa accadde dopo la sua uscita?

L'audizione di Messineo. Nella relazione conclusiva dei lavori la Commissione sottolineava come l'indagine sui termovalorizzatori ed in particolare sugli appalti e sulle convenzioni fosse stata aperta «solo a seguito della denuncia sporta dall'amministrazione regionale». E ricordava l'audizione del 2009 di Messineo: «il quale, rispondendo ad una specifica domanda, aveva precisato che a quella data la Procura di Palermo non si era occupata della vicenda dei termovalorizzatori per profili diversi da quello ambientale». 
Insomma, nonostante l'allarme lanciato da Scarpinato nel 2007, ancora nel 2009 il vertice della procura di Palermo ammetteva di avere indagato solo per il reato di danno ambientale. Nessun cenno alla corposa documentazione e alla notizia di reato che erano arrivate da Bolzano. Saranno i giudici amministrativi a fare emergere molti anni dopo, nel 2013, l'esistenza di un tavolo di spartizione degli appalti.


FINE DELLA PRIMA PUNTATA (CONTINUA)

Impedimenti a

Sicilia, polvere e rancore - video 2007 introvabile from Senza Spreco on Vimeo.


L’ANORMALE NORMALITA’ DELLE DELIBERE DI GIUNTA CONTRO I DIRIGENTI GIOACCHINO GENCHI E ALESSANDRO PELLERITO


COMMISSIONE PARLAMENTARE PARLAMENTARE SUI RIFIUTI CUFFARO GENCHI LUGLIO 2007


CUFFARO ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE RIFIUTI SPROPOSITA SU GENCHI. 25 LUGLIO 2007




ARCHIVIATO IL PROCEDEIMENTO CONTRO INO GENCHI


Miccichè, il video sul patto dei termovalorizzatori
ASSESSORI INDAGATI



'Nessun intervento contro lo smog' i pm indagano Lombardo e Cuffaro



17 giugno 2011 — pagina 2 sezione: PALERMO



QUESTA volta, il presidente Raffaele Lombardo non deve fare i conti con pentiti e intercettazioni, ma con una montagna di numeri che non dicono niente di buono sulla qualità dell' aria in Sicilia. Per mesi, quei numeri sono stati raccolti dalla Procura di Palermo nelle centraline di rilevamento dell' inquinamento atmosferico sparse per le nove province siciliane. I pm Geri Ferrara e Claudia Bevilacqua hanno fatto anche di più: hanno chiesto ai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di andare alla Regione e di prendere i vecchi dati sull' aria in Sicilia, fin dal 2002. Il quadro emerso è sconfortante per la salute dei siciliani. Così è nato l' ultimo atto d' accusa contro Lombardo e il suo predecessore, Salvatore Cuffaro, che si trova in carcere a scontare una condanna per favoreggiamento alla mafia. Le nuove imputazioni sono di omissione d' atti d' ufficio e getto pericoloso di cose. Secondo la ricostruzione della Procura di Palermo, i due governatori della Sicilia non avrebbero adottato tutte le misure previste dalla legge per fronteggiare l' emergenza inquinamento. In particolare, le giunte avrebbero dovuto attuare un piano di risanamento specifico per la qualità dell' aria. Adesso, i pm chiamano in causa anche gli assessori al Territorio e all' ambiente che si sono succeduti nel tempo. Sono Mario Parlavecchio (in servizio dal 2003 al 2004); Francesco Cascio, attuale presidente dell' Assemblea regionale, che ha ricoperto la carica di assessore all' Ambiente dal 2004 al 2006; Rossana Interlandi (per il 2006-2008); Giuseppe Sorbello (2008-2009); Mario Milone, oggi assessore al Comune di Palermo, nel 2009 alla Regione; Giovanni Di Mauro (2010) e Gianmaria Calogero Sparma, assessore regionale da ottobre 2010. Dunque, anche i titolari della delega all' ambiente saranno chiamati in giudizio fra una ventina di giorni, quando i procuratori aggiunti Leonardo Agueci e Nino Gatto formalizzeranno la richiesta di rinvio a giudizio. Lombardo affida la sua difesa a una nota: «Il piano regionale di coordinamento della qualità dell' aria-ambiente è stato modificato e aggiornato nel 2008», spiega. «Nello stesso anno la Regione ha realizzato l' inventario regionale delle emissioni in ambiente, la valutazione della qualità dell' aria e sempre nel 2008 la zonizzazione del territorio regionale». Il governatore parla anche dell' attivazione di un tavolo di coordinamento regionale e di alcuni tavoli provinciali, «per arrivare - dice - alla concertazione di tutte le azioni da porre in essere per la tutela della qualità dell' aria». Nell' autodifesa di Lombardo figura anche un piano per la «ridislocazione delle reti di monitoraggio». Ma alla Procura di Palermo, che in questi mesi ha acquisito numerosi documenti alla Regione, non è bastato. Nel capo d' imputazione notificato ieri pomeriggio si parla di «prolungata esposizione della popolazione a valori di inquinanti dell' aria superiori ai limiti fissati dalla normativa nazionale e comunitaria». Nel fascicolo sono finite decine di segnalazioni di



funzionari e tecnici dell' assessorato all' Ambiente, per far partire le contro misure concrete all' inquinamento, per far partire le contro misure c o n c r e t e all' inquinamento, e non solo piani di studio, tavoli tecnici e monitoraggi. Anche per questa ragione, i funzionari che inizialmente erano stati indagati dalla Procura usciranno probabilmente di scena, con una richiesta di archiviazione. Loro avevano fatto il loro dovere, sollecitando un intervento politico. Legambiente annuncia già una costituzione di parte civile e attacca: «In questi anni la Regione non ha mai affrontato la vicenda nonostante le nostre sollecitazioni». - SALVO PALAZZOLO

















Incompatibile con i veleni di Totò






Gioacchino Genchi, ex leader del movimento studentesco palermitano del '68, tutto poteva immaginare nella vita, tranne che avrebbe avuto di nuovo a che fare, quasi quarant'anni dopo il '68, con quel “tipo strano” che frequentava le assemblee del collettivo della facoltà di scienze e poi andava a denunciare gli studenti alla polizia. Quel “tipo strano”, che gli stessi studenti allontanarono a calci nel sedere dall'università appena scoprirono che era un infiltrato, un paio di mesi fa è diventato nientemeno che direttore generale del dipartimento territorio e ambiente nel medesimo assessorato della Regione Sicilia, dove Gioacchino Genchi dirige da diversi anni l'importante “Servizio 3”, quello che si occupa della tutela dall'inquinamento atmosferico.



L'ex infiltrato - peraltro reo confesso – nel movimento studentesco, ex militante del Msi e poi di An, e ora alto dirigente regionale in quota dell'Mpa di Raffaele Lombardo, è insomma il suo nuovo capo gerarchico e in virtù di questo potere l'8 gennaio scorso ha deciso che per “ordini superiori” Gioacchino Genchi non deve più dirigere quel Servizio. Senza curarsi minimamente della legge (la numero 241 del '90 sui procedimenti amministrativi), Pietro Tolomeo, il suddetto direttore generale, ha quindi preso carta e penna e senza alcuna motivazione né preavviso gli ha revocato l'incarico in seduta stante, destinandolo in un'altra sede. “Conseguentemente a ciò e ribadendo la richiesta già avanzata per le vie brevi – è stata la sua intimazione scritta – le si chiede di consegnare immediatamente allo scrivente tutta la documentazione e il registro di protocollo interno relativi al Servizio 3 ancora in suo possesso”. Dalle parole è poi passato ai fatti. Di fronte alle resistenze di Genchi a lasciare il suo posto di lavoro, Tolomeo – che come avrete già capito è uno che gli “ordini superiori” li esegue davvero alla lettera – ha infatti cominciato lui stesso a sgomberare scaffali e scrivanie dall'ufficio del funzionario, tentando, in sua assenza, di prelevare anche documenti dal suo computer. Ma non è finita, perché Tolomeo - che è un tipo abbastanza grosso di statura e a quanto pare anche abbastanza manesco -, l'11 gennaio, e cioè tre giorni dopo aver dato il benservito a Genchi, visto che quest'ultimo e uno dei suoi collaboratori insistevano cercando di fargli capire che la revoca dell'incarico senza giustificato motivo è nulla, e che proprio per questo motivo i documenti che lui pretendeva non glieli avrebbero consegnati, Pietro Tolomeo è saltato su tutte le furie e si è avventato fisicamente addosso ai due interlocutori.






Perché e per conto di chi?



Adesso tutta questa storia è nelle mani della magistratura, alla quale Gioacchino Genchi – contro la cui rimozione sono scesi in piazza ambientalisti, comitati di cittadini, sindacati o di base e politici regionali – si è subito rivolto per difendere i suoi diritti. Ma a questo punto la domanda è: perché Pietro Tolomeo ha fatto quello che abbiamo appena raccontato?, o meglio: per conto di chi ha eseguito quell'”ordine superiore” come ha lui stesso confidato a Genchi? Date le caratteristiche del personaggio, tutte le ipotesi sono ovviamente plausibili, ma tendiamo ad escludere che si sia trattato di una sua vendetta postuma per i fatti universitari del secolo scorso. Il suo passato di fascista e di spia della polizia, a parte i metodi, al 99,9% non ha alcun legame con l'epurazione dell'ex leader sessantottino dal Servizio antinquinamento. Un Servizio – è bene sottolinearlo – che è come il fumo negli occhi sia per le grandi lobby chimiche che operano nell'isola che per lo stesso potere siciliano.



Le origini della rimozione di Genchi, già vittima l'anno scorso di una simile ritorsione, vanno quindi rintracciate tra i numerosi provvedimenti che il “Servizio 3” da lui diretto stava per emettere o ha emesso nei mesi più recenti. Tra questi la clamorosa chiusura della distilleria Bertolino di Partinico, la più grande e la più inquinante fabbrica etilica d'Europa, di proprietà della cognata dell'ex “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra, Angelo Siino (poi pentito) e nella quale si sarebbero, fra l'altro, tenute varie riunioni della Cupola di Bernardo Provenzano. Poi ci sono le drastiche misure nei confronti di alcune industrie catanesi del mattone che impastavano ceramica con i fanghi tossici dei petrolchimici del siracusano, e del cementificio di Isola delle Femmine (Italcementi) per l'uso del Pet Coke come combustibile per alimentare gli impianti che da anni avvelenano terra mare e cielo della località alle porte di Palermo.



Insomma di interventi scomodi il direttore del “Servizio 3” ne ha firmati parecchi e altri ne aveva in serbo, come quelli rivolti ai petrolchimici di Gela, Augusta e Priolo. Ma gli indizi maggiori della sua rimozione portano dritti dritti ai quattro mega inceneritori di rifiuti che il presidente della regione Totò Cuffaro vuole realizzare a tutti i costi in Sicilia: è un business colossale di circa 2 miliardi di euro che non può, anzi non deve assolutamente sfumare per colpa di un funzionario troppo ligio al proprio dovere, e che soprattutto non intende piegarsi alle pressioni del governatore.



A Genchi il piano rifiuti di Cuffaro non è mai piaciuto, c'è troppa puzza di bruciato. E infatti non lo ha mai approvato. Ma non lo ha bocciato per un capriccio politico. Tant'è che nessuno, neanche lo stesso Cuffaro, gli ha mai mosso un simile rimprovero. Il no del “Servizio 3” alle autorizzazioni delle emissioni di gas in atmosfera – preliminari per l'avvio dei cantieri – tende semplicemente ad applicare le normative, italiane ed europee, sulla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. I quattro inceneritori – previsti a Palermo, Paternò, Augusta e Casteltermini – oltre ad essere sovrastimati per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalla Sicilia, emettono una quantità di diossina dieci volte superiore ai limiti massimi tollerati ma non auspicati dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l'organismo umano. Un esempio pratico: con l'entrata a regime dell'inceneritore palermitano di Bellolampo ai 750 mila residenti del capoluogo siciliano verrebbe inflitta la stessa overdose di polveri tossiche e nocive “tollerata ma non auspicata” per una megalopoli di 7 milioni e mezzo di abitanti. Inoltre, contro gli inceneritori, c'è l'opposizione dei sindaci dei luoghi in cui sono previsti, che in quanto responsabili della salute, per legge, vanno ascoltati. “Per queste ragioni – dice Genchi – abbiamo ritenuto che i quattro inceneritori sono incompatibili con il territorio e le popolazioni”.






Verdetto già scritto



È il verdetto che il responsabile del “Servizio 3” ha scritto già un anno e mezzo fa, quando gli inceneritori cominciavano a muovere i primi passi. Un verdetto che però Gioacchino Genchi non ha fatto in tempo a emettere formalmente, perché proprio nel momento in cui stava per farlo, Totò Cuffaro, annusata l'aria al secondo piano di via Ugo La Malfa 169, bloccò in extremis la sentenza. In che modo? Esattamente come è stato per la seconda volta fatto l'8 gennaio scorso: rimuovendo Genchi dalla direzione del Servizio.



Ma nel settembre 2005 il governatore siciliano fece male i calcoli. Pensava che una volta eliminato Genchi dal “Servizio 3”, il problema per gli”intoccabili 4” sarebbe stato definitivamente risolto. Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco, evidentemente. Tant'è che ancora oggi la questione inceneritori è tutt'altro che chiusa. Sono così tante le irregolarità riscontrate nelle procedure che hanno consentito l'avvio dei cantieri, che nessuno sa esattamente come andrà a finire. C'è l'inchiesta della magistratura di Palermo sui bandi di gara (gran parte degli appalti se li sono aggiudicati varie società capitanate dal gruppo Falk) pubblicati soltanto in Italia e non in tutta Europa come invece stabilisce la normativa; c'è poi la procedura d'infrazione della corte europea di giustizia per violazione della direttiva Ue sulla raccolta differenziata dei rifiuti, relegata dal piano Cuffaro ad optional anche rispetto al decreto Ronchi del '97; e c'è, soprattutto, l'indagine amministrativa del ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio che ha riscontrato, otto mesi fa, “gravi illeciti” sulle autorizzazioni delle emissioni in atmosfera concesse alle ditte appaltatrici dal suo predecessore Altero Matteoli. Fu infatti l'ex ministro di An ad acquisire i poteri sostitutivi sulle stesse concessioni una volta azzerata l'autorità siciliana (Genchi) istituzionalmente preposta a farlo.



Era il mese di giugno del 2006, quando Matteoli e gli altri due ministri Francesco Storace (salute) e Pietro Lunardi (attività produttive), proprio nell'ultimo giorno del governo Berlusconi a palazzo Chigi diedero il via libera agli inceneritori. Ma i nulla osta, come peraltro fecero notare tre tecnici dello stesso ministero a Matteoli, non potevano essere concessi perché erano abbondantemente scaduti i termini di legge. Erano passati più di 900 giorni dal momento in cui le ditte ne avevano fatto richiesta. La normativa prevede che tali risposte devono essere invece date “entro 90 giorni”.



Le autorizzazioni alle emissioni di gas serra sono dunque “illegittime” e in quanto tali andrebbero annullate. Dopo l'indagine Pecoraro Scanio annuncia effettivamente di volerle revocare, ma la revoca non è mai avvenuta, perché il ministro verde non è riuscito ad avere il benestare degli altri due ministri Livia Turco (sanità) e Pierluigi Bersani (sviluppo economico). È arrivata invece la “sospensione per 60 giorni” dei cantieri intanto avviati. Il decreto interministeriale è di questi giorni ed è la sostanziale ratifica delle conclusioni della conferenza dei servizi tenutasi a Roma il 22 novembre scorso con la partecipazione dello stesso Cuffaro. Ed è proprio in questa assise che emerge la possibilità concreta che la decisione ultima sulle autorizzazioni per le emissioni torni di nuovo a Palermo, e precisamente al servizio antinquinamento di via la Malfa, ossia nello stesso luogo da cui era stata maldestramente sottratta nel settembre 2005 con la prima rimozione di Genchi.



Totò Cuffaro torna così a tremare. È preoccupatissimo. Toglie perfino il saluto all'allora direttore generale del dipartimento ambiente e territorio Giovanni Lo Bue, colpevole, a suo dire, di non aver fatto un “buon lavoro” sospendendo l'anno prima Genchi per soli cinque mesi. Al funzionario scomodo è stata infatti restituita la direzione del “Servizio 3”, dove da questo momento in poi – siamo alla fine del 2006 -si potrebbero appunto ridiscutere le sorti degli inceneritori. È a questo punto che entra in campo Tolomeo il manesco. Dopo anni passati a capo di una struttura regionale di ultimo ordine, è stato appena nominato al vertice di un dipartimento importantissimo. È l'uomo giusto al posto giusto per scatenare la seconda guerra preventiva al temuto responsabile del “Servizio 3”. È una guerra lampo che Tolomeo mette in pratica, come si diceva, l'8 gennaio, quando Gioacchino Genchi, con i metodi fascistoidi che abbiamo visto, viene nuovamente rimosso dall'incarico.



Al suo posto ora c'è un geologo, Salvatore Anzà, che a quanto si vocifera in assessorato non avrebbe alcuna preparazione sui nuovi compito che lo aspettano. Ma è un aspetto del tutto secondario. La cosa più importante è che sia “persona assolutamente affidabile” per gli obiettivi di sua maestà Totò Cuffaro.






Massimo Giannetti, Palermo



Il manifesto, 18 febbraio 2007



Il grande business degli inceneritori



3mila miliardi in 20 anni per bruciare tutti i rifiuti siciliani






La Sicilia non è soltanto la regione tra le più inquinate d'Italia. È anche la regione che per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti è tra le ultime nella classifica della raccolta differenziata: intorno al 3%. Percentuale che per legge dovrebbe essere portata al 40% entro il 2008 e al 60% entro il 2011. Se così dovranno andare le cose, perché allora costruire quattro mega inceneritori progettati per bruciare più o meno la stessa quantità di rifiuti prodotti annualmente dalla regione, pari a due milioni e 252 mila tonnellate? Se venisse rispettata la normativa sulla raccolta differenziata la quantità di rifiuti destinata all'incenerimento dimezzerebbe in cinque anni. Ecco perché gli inceneritori sono fortemente contestati dagli ambientalisti e dalle comunità locali. Ma i rifiuti sono un business troppo ghiotto: è infatti di 75 euro per ogni tonnellata di rifiuti consegnata agli impianti il budget che le ditte riceveranno se i quattro “mostri” dovessero diventare realtà. A conti fatti, esclusi gli introiti che ne deriverebbero dalla vendita all'Enel dell'energia elettrica prodotta dagli stessi inceneritori, è un affare di almeno tremila miliardi in venti anni, tanti quanti ne prevede il bando di gara per la gestione degli impianti da parte delle ditte vincitrici degli appalti.






Superburocrate sfiduciato, guerra tra dirigenti al Territorio






È ormai guerra aperta tra il direttore del dipartimento regionale Territorio, Pietro Tolomeo, e il dirigente del servizio Tutela dall’inquinamento atmosferico, Gioacchino Genchi, di cui Tolomeo ha disposto lo spostamento al servizio qualità delle acque. Ieri l’assemblea nazionale dei Cobas ha espresso “solidarietà” a Genchi - funzionario che “sin dagli anni Settanta si è impegnato nella difesa dell’ambiente“, e che in mattinata ha partecipato a una manifestazione delle Rdb davanti all’assessorato di via La Malfa - accusando la Regione di “averlo sospeso dall’impiego”.



“Non c’è nessuna sospensione, Genchi è stato semplicemente assegnato a un incarico che aveva ricoperto per anni - si difende Tolomeo - e si confà maggiormente alle sue caratteristiche professionali, nell’ambito di una riorganizzazione complessiva del dipartimento”. Nei giorni scorsi a fianco di Genchi si sono schierati la CGIL e rappresentanti dell’Unione e della Cdl all’Ars, che con una mozione traversale ha anche “sfiduciato” il direttore del dipartimento. Tolomeo sulla vicenda ha prodotto due relazioni, una alla Procura della Repubblica e una alla Corte dei conti. Ma la guerra tra i due, iniziata ai primi di gennaio, genera le prime conseguenze: il servizio del quale Genchi è responsabile, che si occupa di emissioni in atmosfera, è fermo da quasi un mese. E Confindustria ha indirizzato una lettera alla Regione lamentando il fatto che l’attività di numerose imprese in attese di nulla-osta è ferma.






La Repubblica, 7 febbraio 2007



Cronaca di Palermo






Dal Trentino del 22 agosto 2006:



Letta: «I vantaggi di Pimby rispetto a Nimby»



Il braccio destro di Prodi spiega di che cosa si parlerà a VeDrò nel fine settimana



«Vi spiego perché Pimby è meglio di Nimby. E perché il Trentino è uno dei posti migliori per trovarsi a ragionare sul futuro del nostro Paese». Parola di Enrico Letta, braccio destro del premier Romano Prodi (è sottosegretario alla presidenza del Consiglio) e ispiratore di VeDrò, seminario-kermesse che proprio a Dro nel prossimo fine settimana, vedrà riuniti un bel gruppo di personaggi emergenti non solo nel mondo politico ed economico, ma anche in quello dello spettacolo e dell’arte.”



Tra quei “personaggi emergenti” era presente anche Paride De Masi, presidente di Italgest.



Dal Quotidiano l’articolo-intervista del 15 maggio 2005, di Enzo Schiavano a Paride De Masi, dal titolo: “Paride De Masi: dal mattone all'energia con un occhio allo sport, la grande ascesa di un giovane imprenditore”.



"L’energia da fonti rinnovabili la considera un settore in grande sviluppo? È possibile un rafforzamento di Italgest Energia in Actelios?



«Actelios oggi nel suo settore, la produzione di energia da rifiuti e scarti vegetali, è l’azienda più grande d’Europa per MW installati ed in esercizio. Finalmente un primato italiano. Ho destinato, proprio negli ultimi giorni, d’accordo con la famiglia Falck, investimenti nel Salento per 100 milioni di euro che porteranno nuova occupazione per 100 addetti diretti e altrettanti indiretti. Il rafforzamento di Italgest Energia in Actelios è possibile perché rientra nel programma dei valori del gruppo: lo sviluppo sostenibile." »



Italgest possiede il 7,8% di Actelios (gruppo Falck). Gli amici di Actelios ("Energia da fonti rinnovabili", il loro motto) hanno l'incarico di costruire 3 inceneritori in Sicilia (http://www.actelios.it/default.aspx?sez=6) e gestiscono gli inceneritori di Trezzo sull'Adda e Granarolo dell'Emilia. Più due centrali a "biomasse": Rende (Cosenza) e Cutro (Cosenza).






È dunque ipotizzabile che quel “futuro del nostro Paese” a cui alludeva Letta, il braccio destro di Prodi, nell’intervista al Trentino sia lo stesso di quello dei project financing per Bellolampo, inchieste annesse?








Acquisito il carteggio sul via libera concesso dall’ex ministro Matteoli



Inchiesta sull’inceneritore, dubbi sulle autorizzazioni



I pm ispezionano il cantiere di Bellolampo






La Procura vuole vederci chiaro sugli interessi e sulle procedure per la realizzazione del mega inceneritore da 500 gigawatt nell’area dell’ex poligono di tiro di Bellolampo. I magistrati Geri Ferrari e Sara Micucci, del pool Ambiente, hanno aperto un’inchiesta e svolto un sopralluogo sulla sommità della montagna, insieme con i carabinieri del Noe e i vigili del Nopa. Una ricognizione nel cantiere delle aziende incaricate di fornire la struttura al raggruppamento di imprese capitanate da Actelios, del gruppo Falck, che si è aggiudicato un project financing con investimenti da 2,5 miliardi di euro.



A Bellolampo le ruspe hanno già spianato un terreno pari ad almeno sei campi di calcio per far sorgere in tre anni uno dei quattro termovalorizzatori fortemente voluti dal governo Cuffaro e sui quali il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha sollevato più di una perplessità, minacciando di revocare le autorizzazioni.



Il contenzioso tra Roma e Palermo, apertosi all’insediamento del governo Prodi, non è stato ancora risolto. Sul cantiere pesa la scure di una illegittimità dei nulla osta rilasciati dal ministero quando alla guida c’era Altiero Matteoli. I magistrati hanno già convocato uno dei testimoni chiave della vicenda, il funzionario regionale Gioacchino Genchi, sospeso una prima volta e poi rimosso dalla responsabilità delle emissioni in atmosfera, in coincidenza dei passaggi cruciali nel controverso iter burocratico.



Sul piano amministrativo le tappe fondamentali si giocano tra l’autunno del 2005 e la primavera dell’anno scorso. Nell’ottobre del 2005 all’assessorato Territorio e ambiente il gruppo Falck sollecita l’autorizzazione. Genchi, nettamente contrario a dare il via libera, a quel tempo è sospeso. Neppure il funzionario che lo sostituisce, nonostante le insistenze del subcommissario all’emergenza rifiuti, Felice Crosta, dà il parere. A quel punto l’azienda si rivolge a Roma. Dal ministero arriva il sì firmato dal gabinetto di Matteoli contro il parere degli stessi uffici del dicastero. Genchi, frattanto rientrato in servizio, solleva la questione della illegittimità. Il ricorso al gabinetto sarebbe avvenuto fuori termine e il nulla osta non sarebbe stato supportato da tutti i pareri. Cambia il governo e interviene Pecoraro Scanio. Anche il ministro propende per l’illegittimità e convoca due conferenze di servizio. Il cantiere, partito a luglio scorso, va comunque avanti. L’azienda ha dalla sua l’assenza di una revoca formale e la copertura del presidente Cuffaro, deciso a chiudere la partita a ogni costo.






Enrico Bellavia



La Repubblica, 20 gennaio 2007



Cronaca di Palermo





Sentenza 1156 Sezione I TAR Sicilia 19 Aprile 2007,Genchi,Pellerito,Anzà,Tolomeo,Cuffaro,Termovalorizzatori,Bellolampo, RICORSO I CITTADINI DI ISOLA CONTRO ITALCEMENTI TAR 2592/2010,Ciampolillo



















IL VENTO PADANO E I PROTAGONISTI SICILIANI di isolapulita

Isola Italcementi Petocke Raffo Rosso Licenza Ed... di isolapulita


Archiviato procedimento contro genchi di isolapulita

AGGRESSIONE ALL'ASSESSORATO REGIONE SICILIA di isolapulita

Tolomeo Anzà Genchi Assessorato Territorio Sicilia di isolapulita

ASSESSORE INTERLANDI INTERROMPE LA CONFERENZA... di isolapulita

ITALCEMENTI 15 OTTOBRE 2007 SODANO NO ALLA... di isolapulita

Palermo Assessorato territorio ambiente 17 ottobre 2007
"La richiesta di seguire un iter corretto e legittimo - sottolinea Sodano - tra l'altro accolta ieri dall'assessore al Territorio e all'Ambiente della Regione Sicilia (ha sospeso la seduta in programma ieri), era stata formulata in base a quanto affermato lo scorso 5 ottobre dallo stesso Ministero dell'Ambiente, che aveva indicato l'Aia (autorizzazione di impatto ambientale) come unica strada per la concessione di autorizzazioni alla Italcemmenti....
L'assessore Interlandi interrompe la conferenza farsa volta esclusivamente alla concessione dell'uso del PETCOKE. Il giorno 25 novembre si rientra nell’ambito della procedura A.I.A. FINALMENTE VIENE RISPETTATA LE NORMATIVE E LA LEGALITA’ IN DIFESA DEL DIRITTO ALLA SALUTE DELLA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO E DELL’OCCUPAZIONE.
http://ciampolillopinoisoladellefemmine.blogspot.com/2007/10/italcementi-rinviata-alla-conferenza.html










ITALCEMENTI RESPINTO RICORSO AL TAR 2592 2008_0001 di isolapulita

ITALCEMENTI 15 OTTOBRE 2007 SODANO NO ALLA... di isolapulita

22 ottobre 2007 Incontro Assessore Interlandi... di isolapulita

ASSESSORE INTERLANDI INTERROMPE LA CONFERENZA... di isolapulita

Condannato per diffamazione il dirigente... di isolapulita


ITALCEMENTI 15 OTTOBRE 2007 SODANO NO ALLA... di isolapulita


ASSESSORE INTERLANDI INTERROMPE LA CONFERENZA... di isolapulita




ASSESSORE INTERLANDI INTERROMPE LA CONFERENZA... di isolapulita



22 ottobre 2007 Incontro Assessore Interlandi... di isolapulita



ITALCEMENTI Autorizzazione Integrata Ambientale... di isolapulita



ITALCEMENTI Autorizzazione Integrata... di isolapulita



CEMENTIFICI PETCOKE RIFIUTI DIOSSINE INQUINANTI... di isolapulita

http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2011/06/la-qualita-dellaria-in-sicilia-sotto.html
Inceneritori in Sicilia: 

l’ISDE condanna le decisioni prese Arezzo, 18 giugno 2007 

Al Presidente del Consiglio Romano Prodi 

Al Ministro della Salute Livia Turco 

Al Ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio 

Agli organi di Stampa 

In riferimento alle notizie apparse sulla stampa secondo cui con l’incontro svoltosi a Roma il 12 giugno scorso si è concordato il via libera al piano di trattamento dei rifiuti in Sicilia, piano che da un lato prevede la costruzione di 4 mega impianti d’incenerimento con una potenzialità di oltre 2.000.000 ton/anno (potenzialità superiore a quella dell’intera mole di rifiuti prodotta nell’isola), e dall’altro auspica il potenziamento della raccolta differenziata, l’Associazione Medici per l’Ambiente esprime tutto il proprio stupore e la propria ferma condanna per decisioni che privilegiano di fatto l’incenerimento rispetto alle pratiche di riduzione, raccolta differenziata, recupero e riuso. 

L’Associazione Medici per l’Ambiente sottolinea inoltre la palese incongruenza fra il dimensionamento degli impianti e l’obiettivo di potenziare la raccolta differenziata, stigmatizzando il fatto che vengono in questo modo totalmente disattese le raccomandazioni della CE, già recepite dal nostro stesso Paese. L’incenerimento dei rifiuti è la pratica più costosa e più nociva per l’ambiente e per la salute e la posizione ufficiale dell’Associazione è già stata espressa nel gennaio 2006 con il documento in allegato. 

Negli iter autorizzativi di questi impianti si inserisce poi la torbida vicenda, già denunciata alla Procura di Palermo, del Dr. Gioacchino Genchi e del Dr. Alessandro Pellerito, dirigente chimico dell’Assessorato Regionale, che per avere negato l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera di tali impianti sulla base delle loro specifiche competenze, sono stati in maniera pretestuosa rimossi dal loro incarico e rischiano addirittura di perdere il proprio posto di lavoro. Al Dr. Gioacchino Genchi e a tutti i suoi collaboratori rinnoviamo l’incondizionata stima e la solidarietà da parte dell’Associazione dei Medici per l’Ambiente, già a suo tempo espressa. 

Auspichiamo che vengano compiuti tutti i passi possibili perché i Colleghi che sono stati così duramente colpiti per avere svolto con coscienza il proprio lavoro vengano reintegrati nel proprio ruolo e chiediamo che l’iter autorizzativo agli impianti venga sospeso fino a che la Magistratura non avrà fatto completa chiarezza sull’intera vicenda, come già richiesto dall’On. Rita Borsellino con il comunicato in allegato. 

Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia Gruppo di lavoro sui rifiuti Balestreri Federico (Cremona), Bragheri Romano (Pavia), Cristofolini Antonio (Trento), Diaferia Giorgio (Torino), Fabbri Fabrizio (Roma), Galli Simone (Firenze), Garetti Gianluca (Firenze), Gennaro Valerio (Genova), Gentilini Patrizia (Forlì), Guerra Manrico (Parma ), Laghi Ferdinando (Cosenza), Lauriola Paolo (Modena), Luisa Massimo (Genova), Migaleddu Vincenzo (Sassari), Mocci Mauro (Civitavecchia), Rivezzi Gaetano (Caserta), Romizi Roberto (Arezzo), Tomatis Lorenzo (Trieste), Valerio Federico (Genova), Vantaggi Giovanni (Gubbio) 


ACCORDO INCENERITORI SICILIA IL GIORNO DOPO 1 Rita Borsellino: 

Accordo su inceneritori, beffa nei confronti dei siciliani? 

Palermo, 13 giugno 2007. 

 L’intesa raggiunta va contro la salute dei siciliani e contro le direttive del Bue sul ciclo dei rifiuti ed ha il sapore amaro della beffa? . 

Lo dice l'esponente dell'Unione Rita Borsellino commentando l'esito dell'incontro di oggi a Roma tra governo nazionale e regionale. Nel 2003 Cuffaro avrebbe dovuto raggiungere il 35 per cento di raccolta differenziata previsto dal decreto Ronchi. Oggi, nel 2007, siamo fermi a circa il 6 per cento. Autorizzare gli impianti sulla base della promessa di incrementare la raccolta diversa è come accettare una cambiale in bianco sulla pelle dei cittadini da chi ha dimostrato con i fatti di non essere credibile. ma una beffa sono, secondo Borsellino, anche gli altri termini dell'accordo: 

 Da una parte infatti, si autorizza la realizzazione degli impianti aggirando le direttive UE che prevedono il raggiungimento di livelli ottimali di raccolta differenziata come presupposto per l?incenerimento; dall'altro il governo nazionale chiede il ridimensionamento delle emissioni ma non degli impianti, e cioè dell'unico vero presupposto per riuscire a contenere la quantità di particelle nocive. Secondo Borsellino, l' intesa ha più di una contraddizione. Raccolta diversa e impianti di grossa portata come quelli progettati sull'isola non sono conciliabili. A meno che non si decida di importare altri rifiuti da fuori . 

Ufficio stampa Gioia Sgarlata 

 Tel. 3346311385 e-mail: ufficiostampa@ritaborsellino.it 

2 INO GENCHI ASSESSORATO REGIONALE AMBIENTE E TERRITORIO 

Palermo, 13 giugno 2007.

Oggi (ieri per chi legge), al termine di un vero e proprio processo sommario, nullo sotto tutti gli aspetti perchè persino privo di ogni riferimento di legge, a me e ad Alessandro Pellerito sono stati notificati i decreti con i quali il Dirigente Generale del Dipartimento, arch. Pietro Tolomeo, revoca unilateralmente ed anticipatamente il contratto di responsabile del Servizio 3 “Tutela dall’inquinamento atmosferico” e dell’Unità Operativa “Autorizzazioni alle emissioni in atmosfera”. Si tratta dell’ennesimo atto di abuso, frutto di una sistematica azione vessatoria e persecutoria le cui finalità sono ben note a tutti e che arriva con straordinaria puntualità – per la quarta volta se ci si ricorda delle 3 coincidenze precedenti – alla vigilia dell’inizio della conferenza dei servizi per l’AIA dell’inceneritore di Palermo-Bellolampo. 

I decreti sono ictu oculi nulli per “difetto assoluto di attribuzione” (art. 21 septies della L. 241/90 sui procedimenti e la trasparenza amministrativa), in quanto Tolomeo si è sostituito nei poteri alla Giunta di Governo, cui l’art. 10 della legge regionale 10/2000 attribuisce esclusiva potestà in materia di tali revoche, ma per fattispecie che nulla hanno a che fare con le castronerie contestate dal Tolomeo. 

Ma tant’è, nel contesto di illegalità straripante, un abuso in più o in meno non fa differenza. Intanto si commette l’abuso, poi si vedrà! 

 Immediatamente abbiamo denunciato la nullità dell’atto ai diversi indirizzi che troverete nella nota che alleghiamo. Ciò conferma, se pure ce ne fosse stato bisogno, che la situazione che da tempo abbiamo denunciato in tutte le maniere, nel silenzio, nell’indifferenza generale e senza ricevere il benchè minimo accenno di iniziative concrete, è arrivata ad un punto di insostenibilità per noi. 

Vogliamo precisare: insostenibilità non nei confronti della lotta che continueremo a portare avanti – purtroppo da soli, ormai, con i nostri legali – per la difesa della nostra dignità professionale e per la difesa del posto di lavoro, ma nei confronti dell’ignavia e dell’indifferenza di quanti si sono spesi fin qui solo saltuariamente (nel migliore dei casi) a parole, con la promessa di interventi incisivi che non sono mai arrivati e tante promesse al vento. Ecco perchè il coro di indignazione che si è levato a seguito dell’accordo romano, più o meno edulcorato, secondo come lo si vuole presentare, ci lascia ancor più sconcertati. 

 Oggi, Alessandro ed io continuiamo a pagare pesantemente, in tutti i sensi, visto che, per esempio, tra l’anno passato e quello in corso personalmente ho perso circa 12.000 euro netti di stipendio (sottratti, quindi alla mia famiglia), per esserci esposti in prima persona in una battaglia di legalità all’interno dell’Amministrazione Regionale per la difesa dell’ambiente e della salute della gente. 

Con amarezza non abbiamo potuto che constatare di essere rimasti pressoché da soli. Ultimamente ho inviato a molti ed anche alla rete appelli e documenti con l’invito ad intervenire, a sollecitare le forze politiche e sindacali, ad inviare esposti alle Procure per fare luce sui fatti in corso all’Assessorato Territorio, ecc.; insomma, un pò di tutto per smuovere le acque, per darci un minimo di sostegno, per…non farci sentire abbandonati.Purtroppo non è arrivato nulla, se non un chiacchericcio sterile su fatti e circostanze oziosi, quasi che tutto intorno non stesse accadendo niente, mentre, invece, si stava tessendo la tela dell’accordo politico e di quello, ormai prossimo, amministrativo (AIA), con buona pace per tutti. 

Quando, un giorno, qualche giudice ci darà, speriamo, ragione, le cose saranno già belle e definite. Condivido e sottoscrivo, pertanto, le considerazioni di Alessandro, che troverete in allegato (2b), sulla posizione che da oggi, nostro malgrado, assumeremo. 

Da parte nostra abbiamo fatto di tutto per portare avanti un impegno unitario, ma se le condizioni, come abbiamo constatato, non ci sono più le nostre strade da oggi, purtroppo, si dividono. Vi allego, quale ultimo contributo, la documentazione in corso di presentazione alle Procure ed agli altri indirizzi in intestazione . 

Ino Genchi 2b Alessandro Pellerito. 

 Per chi non mi conosce, ho lavorato con il dr. Genchi e adesso, con lui, pago il nostro lavoro con una richiesta di licenziamento pendente alla Giunta Regionale e la revoca del mio incarico di dirigente. Tutto questo nel silenzio assordante di quanti, in passato, hanno chiesto la nostra collaborazione ed il nostro appoggio, tecnico e non. 

 Quindi, manteniamo questo silenzio e, cortesemente cancellatemi da tutte le mailing list. E teniamoci gli inceneritori. 

 Cordiali saluti Alessandro Pellerito Post-scriptum Io non ho alcuna richiesta nè alcun rimprovero da fare.

Il fatto è che ogni volta che mi arriva una e-mail avente per argomento la tutela dell’ambiente mi viene la nausea; sia perchè il nostro popolo oltre le e-mail non riesce ad andare, sia perchè per “la tutela dell’ambiente”, da ormai 3 anni, sono costretto ad una vita non serena e, mi sento di dire, nella quasi indifferenza di molti di quelli che vanno sventolando le bandiere della legalità. 

Ho già avuto un provvedimento disciplinare, la revoca del contratto, il licenziamento pendente in Giunta e non so quante denunce Quello che voglio adesso è mantenere il mio posto di lavoro e raggiungere la serenità che io e la mia famiglia hanno perso. 

 È dalla parte mia non sono più dalla parte della gente; me lo sono levato questo vizio. Troppo alto il prezzo da pagare, per giunta nell’indifferenza: da quanti mesi Ino chiede aiuto e mobilitazione.

 Troppe minacce, troppe denunce, troppo tempo perso dall’avvocato o dai carabinieri. Si era parlato di coinvolgere i vari partiti a livello nazionale, le varie associazioni ambientaliste a livello nazionale, il ministero dell’ambiente, conferenze stampa di denuncia e via così; io non ho visto nulla se non i provvedimenti fatti contro me ed Ino. 

Egregio professore E tarda sera e sono piuttosto stanco, ma cercherò ugualmente di rispondere alla sua lettera che ho letto con ritardo, ma con sollievo e gratitudine. Spero di non apparirle esagerato, se dico che dopo mesi di buio, mi sembra di intravedere uno spiraglio di luce. 

Cerco di spiegarmi, partendo dalla drammatica situazione siciliana. 

Non sono epidemiologo, ma pediatra. Sono incappato  nella dannata problematica-inceneritori circa tre anni fa, da consulente ambiente e salute dell'Arpa Sicilia. 

In Sicilia è previsto un piano-rifiuti totalmente incentrato sull'incenerimento degli RSU, in totale spregio delle direttive comunitarie (e nazionali) che, come lei saprà, prevedono (o meglio ?ammettono?) la possibilità di un recupero energetico (incenerimento) della sola parte residua non altrimenti riciclabile, e solo se sono state rispettate le priorità (anche quantitative) della riduzione del rifiuto e della raccolta differenziata.. Il piano è pieno di infrazioni, irregolarità e storture.. e la stessa procedura di attuazione del piano è stata dichiarata illegittima dalla Commissione Europea, che ha chiesto la condanna dell'Italia innanzi alla Corte di Giustizia UE. 

Pesantissimo è stato anche il giudizio della Corte dei Conti, secondo cui la violazione delle direttive europee in materia d'appalti pubblici, ha comportato l'affidamento della realizzazione dei quattro mega-inceneritori a prescindere dall'acquisizione dell'informativa antimafia. 

 Tale comportamento, definito particolarmente imprudente  dalla suddetta Corte, ha comportato che una delle società riunite in associazione temporanea d'imprese, aggiudicataria di due dei quattro inceneritori, risultasse infiltrata dalla criminalità mafiosa. Gli uffici regionali competenti, che avevano rifiutato di rilasciare le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera per due impianti e si accingevano a fare altrettanto per gli altri due.. sostenendo a ragion veduta che un ricorso così massiccio all'incenerimento avrebbe determinato/determinerebbe un grave impatto sull'ambiente e gravi rischi per le popolazioni, sono stati prima esautorati e poi decapitati con la rimozione dei dirigenti preposti, nei confronti dei quali sono state addirittura attivate illegittime procedure di licenziamento. (Nel frattempo le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera? erano state rilasciate a livello ministeriale (Gestione Matteoli), attraverso procedure successivamente riconosciute illegittime dallo stesso Ministero (Gestione P. Scanio), mentre i tribunali amministrativi regionali, che si erano pronunciati in maniera severa contro l'intero sistema, venivano esautorati attraverso norme costituzionalmente illegittime e lesive dell'autonomia della Regione siciliana).. 

Non è evidentemente il caso che io le faccia la cronaca di quanto avvenuto in questi due anni. Ho semplicemente cercato di fare il possibile prima per capire di chi e quali fossero le responsabilità di tutto questo; poi per aiutare i colleghi chimici dell'Assessorato minacciati e (ancora attualmente) sospesi dal servizio; quindi per informare i colleghi (ed amici) dell'ISS, i colleghi pediatri (a livello locale e nazionale) e le autorità giudiziarie e politiche competenti (le richieste di incontro con il Ministro della Sanità anche con l'attuale Ministro.. sono state numerose: non solo da parte di Isbe, per il tramite dell'On. Fulvia Bandoli (Deputato alla Camera e segretaria nazionale della Sinistra Ecologista).. ma anche per il tramite dell'On Borsellino, che per due volte si è recata a Roma e non è stata neppure ricevuta dal Ministro (l'On Turco si è limitata a delegare il dott. Greco, che ha rassicurato l'on Borsellino affermando che i moderni inceneritori non avrebbero praticamente alcun impatto ambientale e sanitario).. dell'onorevole e vice-ministro Capodicasa.. del Ministro dell'Ambiente.. [Per la cronaca: nel Novembre 06 il prof Tomatis, la dott.ssa Gentilini, il dott, Valerio ed io siamo stati auditi in Cabina di Regia nazionale Rifiuti presso il Ministero Ambiente (Gen. Jucci) e alcuni dei tecnici della Cabina, visibilmente colpiti dai dati da noi riferiti (l'audizione è durata oltre 4 ore: oltre il doppio del tempo previsto) ci hanno rivelato che il piano Sicilia sarebbe ancora peggiore di quello descritto nei progetti ufficiali (?!) e che anche alle loro richieste il dott. Greco aveva risposto, a più riprese, nel modo reciso, riferitoci dall'on. Borsellino] [Per la cronaca: qualche giorno fa un ex Senatore della Repubblica, avendo apprezzato un mio intervento ad un Convegno organizzato dal prestigioso Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, si è preso a sua volta la briga di chiedere al dott. Greco un confronto con alcuni tecnici proposti dall'Istituto stesso (tra cui due primari oncologi napoletani) e si è sentito rispondere che noi saremmo fiancheggiatori della camorra accusa veramente grave e quasi grottesca, se si tiene presente che l?attuale situazione in Campania è notoriamente dovuta all'aver affidato per anni l'intera gestione dei rifiuti a ditte, come la FIBE, tutt'altro che trasparenti e tanto meno efficienti.. e che ci sono collaboratori e funzionari importanti delle Istituzioni regionali campane (e siciliane) inquisiti per camorra (mafia)] [per la cronaca: circa un anno fa a rivolgere a me e al prof Romano, settantenne decano dei chimici siciliani, rei di aver fatto una relazione critica sul piano rifiuti siciliano, analoghe, pesanti accuse in modo piuttosto forbito era stato il Governatore Cuffaro..] 

 [Per la cronaca: il mio contratto di consulente Arpa non è stato più rinnovato] 

Ho creduto necessario premettere questa breve sintesi d’alcuni momenti significativi di una vicenda per me drammaticamente nuova .. per aiutarla a capire alcune espressioni amare/sfiduciate da me adoperate nella risposta alla presa di posizione di Pietro Bomba, sua e del prof. Vienesi [anche in questo caso devo fare però un distinguo: quella per me difficilmente comprensibile/accettabile è la posizione di Pietro Comba, che conosco abbastanza bene? Che ho lungamente creduto potesse/volesse esserci d'aiuto in una situazione come quella siciliana, delle cui assurdità (e illegalità) è perfettamente a conoscenza? che essendosi occupato per lungo tempo del problema rifiuti, ed essendo, se non erro, un biologo avrebbe dovuto/potuto in questi anni e nei numerosi incontri e scambi tra noi intercorsi, prestare maggior ascolto alle tesi di chi in questi anni ha lavorato con serietà sulle conseguenze drammatiche e drammaticamente sottovalutate che alcuni degli inquinanti - metalli pesanti e particolato (ultra)fine in primis - emessi dagli impianti d’incenerimento (al pari di altri impianti, come acciaierie e/o cementifici.. altrettanto pericolosi, ma indubbiamente più utili? nonché dai milioni di motori a scoppio che girano impunemente per le nostre città) rischiano di avere non solo sulla salute delle popolazioni umane, ma sugli ecosistemi (anche microbici) e possibilmente sull'assetto stesso e sull'evoluzione della genosfera ] 

Non voglio tediarla ancora a lungo. Spero di potere al più presto affrontare con lei e con gli altri colleghi sinceramente desiderosi di confrontarsi su queste tematiche non solo e non tanto il problema – comunque drammatico – di un piano inceneritorista nazionale (sarebbero previsti oltre 100 nuovi impianti e il potenziamento di molti altri).. che non ha alcuna giustificazione né sul piano economico(come saprà il costo dell'energia così prodotto è molto più alto di tutte le altre forme di generazione energetica.. il business per le lobbies derivando unicamente da quei famosi e vergognosi CIP6 che i cittadini italiani sono costretti ?unici nel mondo- a pagare).. né sul piano sociale (la corretta filiera, prevista per legge, darebbe molto più lavoro: spesso si dimentica che gli inceneritori non solo disincentivano e riducono la raccolta differenziata e il recupero di milioni di tonnellate di materiali preziosi.. ma la rendono impossibile.. perché ove si sottraessero carta, legname e plastiche diossinogene alla sua dieta quotidiana il Mostro non potrebbe più funzionare? né sul piano dell'impatto ambientale e climatico né sul piano sanitario ma più in generale il problema di un modello di sviluppo che non è più sostenibile e che deve essere rapidamente trasformato nel senso esattamente opposto a quello rappresentato da queste macchine energivore, entropiche e maledettamente pericolose per la salute e la sopravvivenza stessa dell'uomo e della biosfera 

Ernesto Burgio 

ANZA'CUFFARO, Bellolampo, Felice Crosta, GENCHI INO, gli analisti Enrst&Young: «Mazzette da 38 milioni», PELLERITO, Termovalorizzatori in Sicilia, TOLOMEO,
Condividi post
Repost0

Presentazione

Link