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28 febbraio 2014 5 28 /02 /febbraio /2014 00:10
Orta Nova (Fg), ex sindaco denuncia dal palco: “Pressioni per appalti e assunzioni”




“La domenica, uno dovrebbe serenamente stare a casa a godersi la famiglia, ma per colpa di 9 consiglieri comunali farabutti siamo costretti a stare qua”. Quando Iaia Calvio, ormai ex sindaco di Orta Nova in provincia di Foggia, inizia il suo comizio-denuncia da un palco, nessuno immagina che sta per scoperchiare un pentolone di pressioni e interessi. Calvio, con toni talvolta esasperati, racconta tutto quello che ha dovuto tollerare in 2 anni e mezzo di amministrazione. “Abbiamo provato – spiega – a bonificare la città dalla malapolitica e dal clientelismo. Abbiamo tentato di liberarci dal sistema che si basava su tre perni: politica, imprenditoria e studi tecnici. Ma ogni giorno, io e gli assessori – continua – abbiamo subito pressioni di ogni genere: sugli appalti, sugli incarichi, sui servizi. Consiglieri che hanno apertamente chiesto assunzioni nelle imprese vincitrici di appalti, lavori per ditte amiche e contributi da chi otteneva incarichi tecnici”. La donna parla anche di “dirigenti insipienti” che in dieci anni hanno guadagnato, oltre allo stipendio, somme tra i 55 e i 73mila euro. Poi punta il dito contro alcuni uffici come l’ufficio protocollo “diventato la gola profonda dei sabotatori che ieri mattina hanno pensare di andare a firmare da un notaio”. Non risparmia le battute sarcastiche nei confronti dei suoi oppositori: “Non sapevano mettere nemmeno una X su un foglio: devono aver fatto dei passi avanti”. Parole che non sono passate inosservate. Qualche ora dopo il comizio, infatti, Iaia Calvo è stata convocata dai carabinieri e ascoltata come persona informata sui fatti, pronta a ripetere tutto davanti alla Procura della Repubblica  di Francesco Casula e Gisella Ruccia


Crisi Orta Nova, ex sindaco Calvio: "Ecco la verità"
Crisi Orta Nova, Calvio: “Porto in Procura mesi di pressioni, ricatti e minacce"
Sostenuta dal PD, l'ormai ex sindaco prosegue a passo spedito con la sua 'operazione-verità' che proseguirà negli uffici della Prefettura e della Procura, "affinchè ognuno sia messo di fronte alle proprie responsabilità"

 Un momento dell'incontro odierno
Un momento dell'incontro odierno
Testa alta e schiena dritta. Iaia Calvio - ormai ex sindaco di Orta Nova, a seguito delle dimissioni congiunte rassegnate da 9 consiglieri – batte il pugno sul tavolo e rivendica quanto operato dalla sua amministrazione negli ultimi due anni.
“Non c’è nessun argomento politico che possa aver provocato lo scioglimento del Consiglio comunale. Questo è il risultato, lo si è capito col senno di poi, causato da quanti sono saliti sul carro vincente del PD con l’obiettivo di perseguire solo il proprio interesse”, spiega senza giri di parole la ex sindaco che già con il comizio tenuto ieri, in paese, ha inaugurato quella il partito ha definito una necessaria e condivisa “operazione verità”.
Crisi Orta Nova, ex sindaco Calvio: "Ecco la verità"
Un atto di responsabilità e di trasparenza scandita in tre tempi: prima l’incontro nella Federazione provinciale del Partito Democratico (sostenuta e incoraggiata dal segretario provinciale Raffaele Piemontese e dalla deputata Colomba Mongiello), poi in Prefettura e infine alla Procura della Repubblica di Foggia, dove consegnerà un corposo fascicolo, carte e denunce che verranno analizzate da chi di competenza. "Sono a completa disposizione di Procura e Corte dei Conti - precisa - affinchè ognuno sia messo di fronte alle proprie responsabilità e chi ha usato lo cosa pubblica per scopi personali venga finalmente smascherato".
“Abbiamo governato con passione e impegno, spalando il fango che abbiamo trovato. Abbiamo faticato non poco per rimettere ordine nelle carte e nei conti, responsabilizzare funzionari irresponsabili e guadagnare la fiducia degli ortesi. Ma quando abbiamo iniziato a lavorare concretamente, mettendoci al passo con le esigenze del paese, abbiamo assistito all’indecoroso spettacolo di chi veniva in Comune per ‘batter cassa’. E così, la crisi che ha investito il Comune di Orta Nova ha mostrato il suo volto, “il sintomo evidente di quanto possa essere devastante per una città la presenza nelle istituzioni di persone che hanno come unico obiettivo l’interesse personale”.

Crisi Orta Nova, ex sindaco Calvio: "Ecco la verità"
La ex sindaco di Orta Nova denuncia continui episodi di richieste, interferenze e ingerenze nella macchina amministrativa. “L’ultimo episodio, venerdì mattina – spiega – quando mi si è presentato dinanzi il fratello di un consigliere a chiedere un posto di lavoro. Dalla richiesta al ricatto, poi, il passo è stato breve. Tre eletti, con una manciata di voti rispetto a quelli della coalizione, hanno provato a condizionare l’Amministrazione e, purtroppo, sono riusciti a rallentarla manifestandosi per i manigoldi che sono. Praticamente ogni giorno io e gli assessori abbiamo subìto pressioni di ogni genere: sugli appalti, sugli incarichi, sui servizi. Consiglieri che hanno apertamente chiesto assunzioni nelle imprese vincitrici di appalti, lavori per ditte ‘amiche’ e contributi da chi otteneva incarichi tecnici. Insomma, Ce n’è di materiale da fornire alla Procura cui darò tutte le informazioni su ciò che è accaduto in questi mesi”.


Orta Nova: cade l'amministrazione Calvio, firmano nove consiglieri
Orta Nova non ha più un sindaco, in nove firmano la caduta di Calvio
Nove consiglieri hanno decretato la fine del governo di centrosinistra guidato dall'esponente donna del PD. In piazza Nenni l'affondo di Calvio contro i "traditori" e "farabutti della politica"

 

Orta Nova e Iaia Calvio rivivono l’incubo di Apricena e del suo ex sindaco Antonio Potenza. Con la firma di sabato mattina davanti a un notaio di Cerignola, nove consiglieri comunali hanno decretato la fine del governo di centrosinistra guidato dall’esponente donna del PD, che domenica sera, in una gremita Piazza Nenni, ha affondato il colpo contro quelli che ha definito “traditori” e “farabutti” della politica.
Due anni e mezzo, tanto è durata l’esperienza di governo targata Calvio. Alle firme dei cinque consiglieri di minoranza - Tarantino, Curci, Maffione, Moscarella  e Porcelli – si sono aggiunte quelle dei centristi Antonio Bellini, Massimo Costantini e Dino Russo. Ma a dare il colpo di grazia sarebbe stato il consigliere del Partito Democratico, Gerardo Lacerenza.
Dietro questa decisione – stando alle parole dell’ormai ex primo cittadino del centro dei Cinque Reali Siti – non ci sarebbe alcuna ragione politica, ma interessi personali che riguarderebbero alcune questioni, dalla progettazione della centrale eolica Eurowind all’assegnazione dei loculi cimiteriali. E non solo.
Battagliera e sicura di sé, Iaia Calvio ha messo in guardia i cittadini ortesi dalle conseguenze che questa decisione provocherà sulla collettività. Poi, senza dirlo ma facendolo intendere, ha rilanciaro la sua candidatura bis alla carica di sindaco

http://www.foggiatoday.it/politica/caduta-sindaco-iaia-calvio-orta-nova-firma-nove-consiglieri.html




Potrebbe interessarti:http://www.foggiatoday.it/politica/iaia-calvio-ex-sindaco-orta-nova-crisi-comune.html
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28 febbraio 2014 5 28 /02 /febbraio /2014 00:07
Bimbo massacrato e bruciato col nonno
Choc in Calabria per la vendetta mafiosa
Cassano allo Ionio, uccisa anche la compagna dell’uomo.
L’agguato potrebbe essere legato al traffico di droga


Gli inquirenti sul luogo dov’è stata trovata la vettura bruciata

CASSANO ALLO IONIO
L’orrore non conosce limite nella piovosa mattinata di Cassano allo Ionio, nel cuore della piana di Sibari, ai piedi del massiccio del Pollino. Un bimbo di 3 anni prima assassinato e poi bruciato nella macchina insieme al nonno e a una giovane marocchina amica dell’uomo.  

Contrada Fiego, zona impervia sopra il paese, è il crocevia di questo nuovo massacro di mafia. Quando ieri mattina un cacciatore ha visto una Fiat Punto bruciata ed ha avvertito i carabinieri c’era già il sentore che si trattasse proprio di loro, di quei tre scomparsi da un paio di giorni e di cui si cercavano disperatamente le tracce.  

Poi la macabra scoperta: all’interno c’erano tre cadaveri, anch’essi carbonizzati dall’incendio che ha consumato i corpi fino a ridurli allo scheletro. Identificazione ovviamente difficilissima ma ormai è diventata quasi una certezza che si tratti del sorvegliato speciale, Salvatore Iannicelli, di 52 anni, di Cassano allo Jonio; di Ibissa Touss, marocchina di 27 anni, e del nipotino dell’uomo, un bimbo di tre anni. 

Il procuratore della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio, è con le mani nei capelli: «Come si fa a uccidere un esserino di tre anni in questo modo? Si è superato ogni limite. E’ qualcosa di inaudito, di orrendo. In tanti anni di lavoro credo che questo sia uno degli omicidi più efferati di cui mi sono dovuto occupare». 
Uno dei tre cadaveri, quello di un adulto, era nel bagagliaio della Fiat Punto, forse di Iannicelli stesso visto che il corpo di un’altra persona era seduto sul lato passeggero mentre sul sedile posteriore c’erano i resti di un bambino. Indagini della Procura della Repubblica di Castrovillari per capire se i tre siano stati uccisi altrove. L’auto era fredda, quindi questo fa pensare siano trascorse molte ore dal rogo, ma il freddo della zona di campagna del Cassanese e la pioggia potrebbero falsare i tempi di calcolo.  

Iannicelli e la donna nordafricana avevano, da tempo, intrecciato una relazione. Il bambino viveva con il nonno a cui era stato affidato dopo che sia il padre che la madre, figlia di Iannicelli, erano finiti in carcere per reati legati allo spaccio di droga. La vita del bimbo, però, era già stata stravolta da altre esperienze durissime, come il soggiorno in carcere insieme alla madre e la permanenza per oltre otto ore nell’aula bunker di un tribunale durante l’udienza del processo in cui la donna è imputata. Anche Salvatore Iannicelli aveva precedenti per reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti ed era stato in carcere per alcuni anni. 

La scomparsa di Iannicelli, della donna e del bambino era stata denunciata ai carabinieri di Cassano allo Jonio da uno dei figli dell’uomo preoccupato per il mancato rientro dei tre. Il ragazzo si è allarmato per la scomparsa dal momento che il padre, per la misura cui era sottoposto, era obbligato a rimanere a casa dalle 8 di sera alle 8 di mattina. 

La droga, appunto. Sembra ormai certo che si tratti di una vendetta mafiosa legata al traffico di droga. Gli stupefacenti sono, infatti, il filo conduttore delle vicende giudiziarie della famiglia Iannicelli. A partire dal capofamiglia: il suo nome negli Anni 90 finisce nelle informative degli investigatori. Prima l’indagine Borgo pulito e poi l’operazione Katrina svelano il ruolo da protagonista dell’uomo nel traffico di sostanze stupefacenti nell’alto Ionio cosentino. Indagini che hanno coinvolto sua moglie e con il passare degli anni anche le sue due figlie.  

Un anno e mezzo fa Iannicelli è finito nuovamente in manette con l’accusa di violenza sessuale e sequestro di persona. Iannicelli è anche lo zio di Tommaso, conosciuto con il nomignolo di «calciatore» per il suo passato di attaccante nella Luzzese. Ma secondo le indagini l’ex bomber è diventato l’anello di congiunzione tra la famiglia e il clan degli zingari egemone su quella parte di Calabria.

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28 febbraio 2014 5 28 /02 /febbraio /2014 00:05
Rosarno, la risposta del sindaco Elisabetta Tripodi alle interrogazioni dei consiglieri Udc
Le polemiche erano seguite ad una mancata costituzione di parte civile contro un presunto esponente della cosca Pesce
29/11/2013 | Edicola di Pinuccio | Comunicato
ROSARNO – Ancora una volta viene posto dai consiglieri comunali interroganti Palaia e Rachele, oggi transitati nelle file dell’opposizione, il medesimo quesito, già oggetto di risposta in più Consigli comunali, sulla motivazione che le risposte date in tale sede non abbiano soddisfatto la loro necessità di conoscenza. Preliminarmente occorre fare chiarezza su quanto deliberato dal Consiglio comunale nella seduta del 30 agosto 2011. Tale premessa è necessaria perché in quella seduta si discusse della lettera, inviatami dal carcere di Opera dal detenuto sig. Rocco Pesce il 25 agosto del medesimo anno. Occorre ricostruire quella seduta a memoria degli interroganti perché entrambi erano assenti. Il consigliere Palaia, allora nello schieramento di maggioranza, era assente alla seduta e non ha mai giustificato le ragioni della mancata presenza e, per tale motivo, non può ricordare che cosa avvenne e cosa si deliberò in quella sede. Il consigliere Rachele non era ancora subentrato in consiglio comunale. Si deliberò un ordine del giorno che confermava quanto la Giunta aveva già scelto in autonomia (delibera Gc 51 del 31 marzo 2011, n 52 del 5 aprile 2011) ossia di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia, all’interno di un documento di solidarietà alla sottoscritta, e non invece di costituirsi in tutti i processi nei quali il Comune è individuato come parte offesa, come sostenuto dagli interroganti. Ebbene, quell’ordine del giorno non è mai stato disatteso e la Giunta comunale da me presieduta si è costituita parte civile in tutti i procedimenti penali per il reato di 416 bis nei quali è stata individuata parte offesa (Gc 51/2011, Gc 52/2011, Gc 70/2011, Gc 149/2011, Gc 138/2012, Gc 139/2012, Gc 189/2012, Gc 212/2013) tutti procedimenti che vedono coinvolti centinaia di imputati.

Nella seduta consiliare del 23/11/2012 ad una interrogazione identica presentata dal consigliere Grande Sud Saccomanno e che vedeva per la prima volta i consiglieri Palaia e Rachele all’opposizione esposi le motivazioni della mancata costituzione e non in modo evasivo. Ribadisco che decidemmo tutti insieme la non costituzione perchè ritenevamo che trattandosi di un reato di minaccia ad un corpo politico amministrativo e non di un reato associativo commesso dalla medesima persona rispetto alla quale eravamo già costituiti nel processo “All Inside” e che lo stesso era ancora in corso, nessun danno ulteriore dovevamo difendere. Ho sempre, inoltre, ribadito che da quella lettera io mi sono sentita diffamata come da verbale e intervento del 30 agosto 2011. Al medesimo quesito ho risposto in altre sedute del consiglio comunale in scontri verbali accesi con il consigliere Palaia. Gli interroganti, sostengono, che l’argomento non fu mai discusso con gli assessori della Giunta, di cui il loro partito faceva parte, affermandolo sulla mancanza di una convocazione scritta dei punti all’o.d.g. della Giunta. Come loro dovrebbero sapere, la Giunta non è mai stata convocata per iscritto e con un o.d.g. predefinito e rigido, così come accade in quasi tutti i comuni di piccole e medie dimensioni. Ciascun assessore presenta le proprie proposte di deliberazione preparate dagli uffici e poi, nella riunione si discute delle scelte future da compiere. Così si decise di non costituirsi, discutendone con gli assessori e, ovviamente, non ci fu alcuna proposta di Giunta. Ciò non toglie che il consigliere Palaia, all’epoca consigliere di maggioranza, avrebbe potuto proporre, per il tramite dell’assessore di riferimento o della sottoscritta, la necessità di tale costituzione, soprattutto perchè conosceva l’iter processuale della vicenda, esercitando la propria pratica professionale legale, presso lo studio del difensore dell’allora imputato signor Rocco Pesce.

Si conclude evidenziando e riassumendo, come la sottoscritta non abbia violato alcun deliberato del Consiglio comunale che nella seduta del 30/08/2011 con il verbale n. 27 ha approvato un ordine del giorno che impegnava lo stesso a costituirsi parte civile nei processi contro la criminalità organizzata e di aver discusso con gli assessori e di aver deciso collegialmente e all’unanimità la non costituzione di parte civile nel procedimento penale contro il sig. Rocco Pesce per minacce ad un corpo politico amministrativo, non dovendo difendere interessi della comunità rappresentata o dell’economia del territorio.
http://www.edicoladipinuccio.it/rosarno-la-risposta-del-sindaco-elisabetta-tripodi-alle-interrogazioni-dei-consiglieri-udc/
‘Ndrangheta, lettera di minacce al sindacodi Rosarno. “Non inquino l’aria che respirate”

A scriverla il boss Rocco Pesce che dal carcere di Opera invia a Elisabetta Tripodi una missiva per lamentarsi delle "persecuzioni" subite da lui e dalla famiglia. Numerose le allusioni nel testo attraverso cui 'il pirata' tenta di far pressione sull'amministrazione comunale


di  |  


Il boss Rocco Pesce detto 'il pirata'
C’era una volta il pizzino. Poco comprensibile per gli estranei e soprattutto anonimo. Ora invece, anche le minacce della criminalità organizzata viaggiano via raccomandata con tanto di timbro, intestazione e firma. Accade a Rosarno, Comune del reggino dove il sindaco Elisabetta Tripodi ha denunciato ai Carabinieri di aver ricevuto una lettera manoscritta inviatale dal boss dell’ndrangheta Rocco Pesce detenuto dal 1981 nel carcere di Opera, in provincia di Milano, con le accuse di associazione a delinquere, detenzione illegale di materiale esplosivo e munizioni, omicidio, tentato omicidio, violazione delle leggi sulle armi, violazione delle leggi sulle sostanze stupefacenti, associazione di tipo mafioso, furto aggravato “e altro”, come scrive il gip Domenico Santoro nell’ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria Michele Prestipino e Rosario Ferracane.
Il 54enne capo cosca chiamato ‘il pirata’ per la caratteristica benda che porta sull’occhio destro, ma “anche per la sua spigliatezza e sbrigatività nel portare a termine le più complicate e spericolate operazioni delittuose”, già condannato all’ergastolo dal 1984 e destinatario di provvedimento cautelare nell’operazione “All inside” dell’aprile 2010, è stato raggiunto questa mattina in carcere dall’ordinanza eseguita dai carabinieri del capoluogo reggino “per aver usato minaccia nei confronti di un Corpo politico e amministrativo per impedirne – in tutto o in parte anche temporaneamente – o per turbarne comunque l’attività”.
Ma perché Pesce scrive al sindaco Tripodi? I motivi che angustiano ‘il pirata’ 54enne sono di fatto tre. Innanzitutto l’uomo esprime “rammarico e disappunto in relazione al fatto che il Comune di Rosarno si sia costituito parte civile nel procedimento a carico mio e della mia famiglia, dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle Istituzioni, dei commercianti o degli abitanti nel Comune di Rosarno da lei rappresentato”. Poi, scrive ancora Pesce, “la sua (del sindaco, ndr) esternazione, poi pubblicata sul giornale Calabria Ora, manifestante giudizi affrettati sicuramente influenzati da pregiudizi mediatici…”, cosa che, dice il boss “mi ha sconcertato, dato la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti, soprattutto il giorno delle elezioni amministrative dove lei è stata eletta per la sua serietà e personalità che gode di ottima etica professionale”. Infine il sequestro e lo sgombero dell’immobile a tre piani, in via Fogazzaro, del valore di 330 mila euro, in parte abitato dai familiari di Pesce (la madre e il fratello,ndr), già oggetto di confisca, che verrà assegnato a uso della collettività rosarnese. In riferimento a quest’ultimo fatto, Pesce è irritato perché secondo lui il sequestro non sarebbe dovuto alla “dubbia provenienza” dell’immobile, ma perché “considerato fabbricato non conforme alle normative urbanistiche o per mancanza di concessioni edilizie”, quando lei (sempre il sindaco, ndr) sa benissimo sulla base delle informazioni tecniche in materia di urbanistica che, statistiche alla mano, almeno il 50% dei fabbricati attualmente esistenti post ’67 nel Comune di Rosarno sono abusivi e a me non sembra che siano stati presi gli stessi provvedimenti nei loro confronti, non perché io lo desideri ma solamente per sottolineare la persecuzione a noi riservata”.
Insomma, il boss si dipinge come un perseguitato dalla giustizia e, a una prima lettura, sembra chiedere aiuto al sindaco Tripodi perché ristabilisca la verità. In realtà, come scrive il gip nell’ordinanza, “non tragga in inganno il contenuto a volte quasi ossequioso di alcuni passi della missiva, in cui sono, per contro, presenti frasi minatorie, talora caratterizzate dalla forma implicita delle allusioni, degli avvertimenti e dei richiami indirizzati al Sindaco quale rappresentante della Giunta chiamata ad imprimere un rinnovato indirizzo politico – amministrativo alla città, talaltra, invece, immediatanente percepibili”. Un esempio. In un passo della lettera Pesce scrive: “Lei stessa a maggior ragione data la sua carica amministrativa nel Comune, sa benissimo che la nostra famiglia è vittima di persecuzioni mediatiche per reati presunti e giudizi espletati sulla base del libero convincimento”, una frase che sembra non contenere esplicite minacce o allusioni. Ma subito dopo, il boss usa termini ben diversi: “Questo che le scrivo in modi ed enfasi del tutto confidenziale nascono per motivi che forse lei non sa in quanto molto giovane, non tanto nel merito, ma nella mia franchezza nell’esporre in modo pratico, dato che io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti famigliari, in occasione dei consueti aperitivi in Corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttivi di opinioni, dove si argomentava questioni interessanti della nostra città… mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me che l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze”.
Le premesse della missiva, del resto, sono degne della conclusione dove Pesce si lascia andare anche a una considerazione dal sapore razzista: “Vorrei che sappia che sono in galera da più di vent’anni innocentemente, ma il problema non è solo questo, nel mio stato detentivo la cosa che più mi disturba e mi fa soffrire è di quello che vengo informato, e nello specifico l’amministrazione comunale ha tra le sue priorità il benessere dei extracomunitari clandestini, anziché i problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno… forse consentendomi la provocazione perché non godono di sovvenzioni della Comunità Europea a differenza dei clandestini?”. Una provocazione che non solo il sindaco Elisabetta Tripodi respinge al mittente, ma che prontamente denuncia andando ad aumentare il già corposo faldone giudiziario a carico del ‘pirata’.
ADA FIORE, calabria, CATOZZELLA, ELISABETTA TRIPODI, EXTRACOMUNITARI, L'ALVEARE, ndranghetta, ORTA NOVA, ROCCO PESCE, SCIOGLIMENTO CONSIGLIO COMUNALE.ROSARNO, VOA SOCRATE,ISOLA DELLE FEMMINE  

‘Ndrangheta, lettera di minacce al sindaco di Rosarno. “Non inquino l’aria che respirate”

Rosarno, la risposta del sindaco Elisabetta Tripodi alle interrogazioni dei consiglieri Udc
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28 febbraio 2014 5 28 /02 /febbraio /2014 00:04
Rosarno, la risposta del sindaco Elisabetta Tripodi alle interrogazioni dei consiglieri Udc
Le polemiche erano seguite ad una mancata costituzione di parte civile contro un presunto esponente della cosca Pesce
29/11/2013 | Edicola di Pinuccio | Comunicato
ROSARNO – Ancora una volta viene posto dai consiglieri comunali interroganti Palaia e Rachele, oggi transitati nelle file dell’opposizione, il medesimo quesito, già oggetto di risposta in più Consigli comunali, sulla motivazione che le risposte date in tale sede non abbiano soddisfatto la loro necessità di conoscenza. Preliminarmente occorre fare chiarezza su quanto deliberato dal Consiglio comunale nella seduta del 30 agosto 2011. Tale premessa è necessaria perché in quella seduta si discusse della lettera, inviatami dal carcere di Opera dal detenuto sig. Rocco Pesce il 25 agosto del medesimo anno. Occorre ricostruire quella seduta a memoria degli interroganti perché entrambi erano assenti. Il consigliere Palaia, allora nello schieramento di maggioranza, era assente alla seduta e non ha mai giustificato le ragioni della mancata presenza e, per tale motivo, non può ricordare che cosa avvenne e cosa si deliberò in quella sede. Il consigliere Rachele non era ancora subentrato in consiglio comunale. Si deliberò un ordine del giorno che confermava quanto la Giunta aveva già scelto in autonomia (delibera Gc 51 del 31 marzo 2011, n 52 del 5 aprile 2011) ossia di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia, all’interno di un documento di solidarietà alla sottoscritta, e non invece di costituirsi in tutti i processi nei quali il Comune è individuato come parte offesa, come sostenuto dagli interroganti. Ebbene, quell’ordine del giorno non è mai stato disatteso e la Giunta comunale da me presieduta si è costituita parte civile in tutti i procedimenti penali per il reato di 416 bis nei quali è stata individuata parte offesa (Gc 51/2011, Gc 52/2011, Gc 70/2011, Gc 149/2011, Gc 138/2012, Gc 139/2012, Gc 189/2012, Gc 212/2013) tutti procedimenti che vedono coinvolti centinaia di imputati.

Nella seduta consiliare del 23/11/2012 ad una interrogazione identica presentata dal consigliere Grande Sud Saccomanno e che vedeva per la prima volta i consiglieri Palaia e Rachele all’opposizione esposi le motivazioni della mancata costituzione e non in modo evasivo. Ribadisco che decidemmo tutti insieme la non costituzione perchè ritenevamo che trattandosi di un reato di minaccia ad un corpo politico amministrativo e non di un reato associativo commesso dalla medesima persona rispetto alla quale eravamo già costituiti nel processo “All Inside” e che lo stesso era ancora in corso, nessun danno ulteriore dovevamo difendere. Ho sempre, inoltre, ribadito che da quella lettera io mi sono sentita diffamata come da verbale e intervento del 30 agosto 2011. Al medesimo quesito ho risposto in altre sedute del consiglio comunale in scontri verbali accesi con il consigliere Palaia. Gli interroganti, sostengono, che l’argomento non fu mai discusso con gli assessori della Giunta, di cui il loro partito faceva parte, affermandolo sulla mancanza di una convocazione scritta dei punti all’o.d.g. della Giunta. Come loro dovrebbero sapere, la Giunta non è mai stata convocata per iscritto e con un o.d.g. predefinito e rigido, così come accade in quasi tutti i comuni di piccole e medie dimensioni. Ciascun assessore presenta le proprie proposte di deliberazione preparate dagli uffici e poi, nella riunione si discute delle scelte future da compiere. Così si decise di non costituirsi, discutendone con gli assessori e, ovviamente, non ci fu alcuna proposta di Giunta. Ciò non toglie che il consigliere Palaia, all’epoca consigliere di maggioranza, avrebbe potuto proporre, per il tramite dell’assessore di riferimento o della sottoscritta, la necessità di tale costituzione, soprattutto perchè conosceva l’iter processuale della vicenda, esercitando la propria pratica professionale legale, presso lo studio del difensore dell’allora imputato signor Rocco Pesce.

Si conclude evidenziando e riassumendo, come la sottoscritta non abbia violato alcun deliberato del Consiglio comunale che nella seduta del 30/08/2011 con il verbale n. 27 ha approvato un ordine del giorno che impegnava lo stesso a costituirsi parte civile nei processi contro la criminalità organizzata e di aver discusso con gli assessori e di aver deciso collegialmente e all’unanimità la non costituzione di parte civile nel procedimento penale contro il sig. Rocco Pesce per minacce ad un corpo politico amministrativo, non dovendo difendere interessi della comunità rappresentata o dell’economia del territorio.
http://www.edicoladipinuccio.it/rosarno-la-risposta-del-sindaco-elisabetta-tripodi-alle-interrogazioni-dei-consiglieri-udc/
‘Ndrangheta, lettera di minacce al sindacodi Rosarno. “Non inquino l’aria che respirate”

A scriverla il boss Rocco Pesce che dal carcere di Opera invia a Elisabetta Tripodi una missiva per lamentarsi delle "persecuzioni" subite da lui e dalla famiglia. Numerose le allusioni nel testo attraverso cui 'il pirata' tenta di far pressione sull'amministrazione comunale


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Il boss Rocco Pesce detto 'il pirata'
C’era una volta il pizzino. Poco comprensibile per gli estranei e soprattutto anonimo. Ora invece, anche le minacce della criminalità organizzata viaggiano via raccomandata con tanto di timbro, intestazione e firma. Accade a Rosarno, Comune del reggino dove il sindaco Elisabetta Tripodi ha denunciato ai Carabinieri di aver ricevuto una lettera manoscritta inviatale dal boss dell’ndrangheta Rocco Pesce detenuto dal 1981 nel carcere di Opera, in provincia di Milano, con le accuse di associazione a delinquere, detenzione illegale di materiale esplosivo e munizioni, omicidio, tentato omicidio, violazione delle leggi sulle armi, violazione delle leggi sulle sostanze stupefacenti, associazione di tipo mafioso, furto aggravato “e altro”, come scrive il gip Domenico Santoro nell’ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria Michele Prestipino e Rosario Ferracane.
Il 54enne capo cosca chiamato ‘il pirata’ per la caratteristica benda che porta sull’occhio destro, ma “anche per la sua spigliatezza e sbrigatività nel portare a termine le più complicate e spericolate operazioni delittuose”, già condannato all’ergastolo dal 1984 e destinatario di provvedimento cautelare nell’operazione “All inside” dell’aprile 2010, è stato raggiunto questa mattina in carcere dall’ordinanza eseguita dai carabinieri del capoluogo reggino “per aver usato minaccia nei confronti di un Corpo politico e amministrativo per impedirne – in tutto o in parte anche temporaneamente – o per turbarne comunque l’attività”.
Ma perché Pesce scrive al sindaco Tripodi? I motivi che angustiano ‘il pirata’ 54enne sono di fatto tre. Innanzitutto l’uomo esprime “rammarico e disappunto in relazione al fatto che il Comune di Rosarno si sia costituito parte civile nel procedimento a carico mio e della mia famiglia, dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle Istituzioni, dei commercianti o degli abitanti nel Comune di Rosarno da lei rappresentato”. Poi, scrive ancora Pesce, “la sua (del sindaco, ndr) esternazione, poi pubblicata sul giornale Calabria Ora, manifestante giudizi affrettati sicuramente influenzati da pregiudizi mediatici…”, cosa che, dice il boss “mi ha sconcertato, dato la stima che io e la mia famiglia abbiamo sempre manifestato nei suoi confronti, soprattutto il giorno delle elezioni amministrative dove lei è stata eletta per la sua serietà e personalità che gode di ottima etica professionale”. Infine il sequestro e lo sgombero dell’immobile a tre piani, in via Fogazzaro, del valore di 330 mila euro, in parte abitato dai familiari di Pesce (la madre e il fratello,ndr), già oggetto di confisca, che verrà assegnato a uso della collettività rosarnese. In riferimento a quest’ultimo fatto, Pesce è irritato perché secondo lui il sequestro non sarebbe dovuto alla “dubbia provenienza” dell’immobile, ma perché “considerato fabbricato non conforme alle normative urbanistiche o per mancanza di concessioni edilizie”, quando lei (sempre il sindaco, ndr) sa benissimo sulla base delle informazioni tecniche in materia di urbanistica che, statistiche alla mano, almeno il 50% dei fabbricati attualmente esistenti post ’67 nel Comune di Rosarno sono abusivi e a me non sembra che siano stati presi gli stessi provvedimenti nei loro confronti, non perché io lo desideri ma solamente per sottolineare la persecuzione a noi riservata”.
Insomma, il boss si dipinge come un perseguitato dalla giustizia e, a una prima lettura, sembra chiedere aiuto al sindaco Tripodi perché ristabilisca la verità. In realtà, come scrive il gip nell’ordinanza, “non tragga in inganno il contenuto a volte quasi ossequioso di alcuni passi della missiva, in cui sono, per contro, presenti frasi minatorie, talora caratterizzate dalla forma implicita delle allusioni, degli avvertimenti e dei richiami indirizzati al Sindaco quale rappresentante della Giunta chiamata ad imprimere un rinnovato indirizzo politico – amministrativo alla città, talaltra, invece, immediatanente percepibili”. Un esempio. In un passo della lettera Pesce scrive: “Lei stessa a maggior ragione data la sua carica amministrativa nel Comune, sa benissimo che la nostra famiglia è vittima di persecuzioni mediatiche per reati presunti e giudizi espletati sulla base del libero convincimento”, una frase che sembra non contenere esplicite minacce o allusioni. Ma subito dopo, il boss usa termini ben diversi: “Questo che le scrivo in modi ed enfasi del tutto confidenziale nascono per motivi che forse lei non sa in quanto molto giovane, non tanto nel merito, ma nella mia franchezza nell’esporre in modo pratico, dato che io e la mia famiglia eravamo soliti godere della reciproca compagnia con i suoi più stretti famigliari, in occasione dei consueti aperitivi in Corso Garibaldi, dove a memoria ricordo piacevoli e cordiali scambi costruttivi di opinioni, dove si argomentava questioni interessanti della nostra città… mi viene in mente un detto senza alcuna allusione, che ogni persona ha i propri scheletri nell’armadio, e converrà con me che l’estremo perbenismo è solo ipocrisia, e sono sicuro che lei è una persona molto intelligente per poter cadere in simili bassezze”.
Le premesse della missiva, del resto, sono degne della conclusione dove Pesce si lascia andare anche a una considerazione dal sapore razzista: “Vorrei che sappia che sono in galera da più di vent’anni innocentemente, ma il problema non è solo questo, nel mio stato detentivo la cosa che più mi disturba e mi fa soffrire è di quello che vengo informato, e nello specifico l’amministrazione comunale ha tra le sue priorità il benessere dei extracomunitari clandestini, anziché i problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei veri cittadini di Rosarno… forse consentendomi la provocazione perché non godono di sovvenzioni della Comunità Europea a differenza dei clandestini?”. Una provocazione che non solo il sindaco Elisabetta Tripodi respinge al mittente, ma che prontamente denuncia andando ad aumentare il già corposo faldone giudiziario a carico del ‘pirata’.
ADA FIORE, calabria, CATOZZELLA, ELISABETTA TRIPODI, EXTRACOMUNITARI, L'ALVEARE, ndranghetta, ORTA NOVA, ROCCO PESCE, SCIOGLIMENTO CONSIGLIO COMUNALE.ROSARNO, VOA SOCRATE,ISOLA DELLE FEMMINE  

‘Ndrangheta, lettera di minacce al sindaco di Rosarno. “Non inquino l’aria che respirate”

Rosarno, la risposta del sindaco Elisabetta Tripodi alle interrogazioni dei consiglieri Udc
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