In merito all’articolo di Gianfrancesco Turano
“Che affarone quel sequestro” (“l'Espresso” n. 40), vorrei precisare che la Commissione parlamentare Antimafia ha svolto un'inchiesta molto approfondita sulla gestione dei beni confiscati e non sono rimasti inascoltati gli allarmi sul cattivo funzionamento del sistema. È stato il primo tema di cui ci siamo occupati, con un lavoro a tappeto, numerose audizioni, missioni e sopralluoghi in tutt’Italia.
Oltre un anno fa abbiamo presentato una Relazione, approvata dal Parlamento, che indicava le tante criticità del sistema. E nel settembre 2014 abbiamo depositato un progetto di riforma organica, ora all’esame della Commissione giustizia di Montecitorio.
Il prefetto Caruso era stato chiamato a rendere conto dello stallo in cui versava l’Agenzia nazionale che assegnava i beni in ritardo, con il contagocce e non aveva ancora realizzato un data base informatico, nonostante i 7 milioni di euro assegnati. Nella sua audizione Caruso, che non ha fornito chiarimenti esaurienti sulla sua gestione, al contrario di quanto sostiene Turano non ha mai denunciato irregolarità precise o ipotesi di reato a carico di singoli amministratori giudiziari o magistrati. Ha solo lamentato i tanti incarichi assegnati all’avvocato Cappellano Seminara e i compensi troppo alti. Su questi rilievi abbiamo sollecitato il governo ad approvare il tariffario e nel nostro Ddl abbiamo previsto regole stringenti per evitare il cumulo degli incarichi.
La Commissione d’inchiesta per legge non può ricorrere a strumenti d’indagine incisivi come le intercettazioni, utilizzate dalla Procura di Caltanissetta. La Commissione Antimafia non è un Tribunale ma svolge una funzione politica e legislativa, ed è proprio quello che abbiamo fatto e continueremo a fare, augurandoci che anche gli altri facciano il proprio dovere.
Rosy Bindi
Presidente Commissione parlamentare Antimafia
L'on. Bindi stessa scrive che il prefetto Caruso aveva segnalato irregolarità precise e ben identificate. La funzione politica e legislativa dell'Antimafia è chiara. Nel caso in questione non sembra essere stata così efficace. (G. Tur.)
Che affarone quel sequestro scrive il giudice Licata
A proposito dell’articolo "Che affarone quel sequestrio” di Gianfrancesco Turano (“l'Espresso” n. 40), sono tenuto a fare alcune precisazioni, essendo direttamente chiamato in causa in relazione al mio ruolo di giudice delegato delle procedure di amministrazione giudiziaria a carico di “Italgas S.p.A.” e “Gas Natural S.p.A.”.
A. Non è esatto che, quale giudice delegato alla procedura di amministrazione giudiziaria nei confronti di Italgas S.p.A., avrei nominato l’avv. Andrea Aiello quale componente del collegio di amministratori giudiziari.
Infatti, secondo quanto previsto dalla legge, la nomina degli amministratori giudiziari è di esclusiva competenza del tribunale in composizione collegiale e viene deliberata contestualmente all’adozione della misura di prevenzione patrimoniale, insieme alla designazione del giudice delegato.
Inoltre, dovendo applicare la particolare misura dell'amministrazione giudiziaria prevista dall'art. 34 cod. antimafia a una società di grande rilevanza come Italgas S.p.A, il tribunale ha affidato l’ufficio di amministratore non al solo avv. Aiello, ma a un collegio di ben quattro qualificati esperti, tra cui anche il prof. Marco Frey, direttore dell'Istituto di Management della Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant'Anna di Pisa, l'ing. Sergio Caramazza, tecnico di elevata professionalità e con uno specifico curriculum, il dr. Luigi Saporito, esperto commercialista ed amministratore milanese.
B. Non è vero che l'avv. Aiello, al momento della sua nomina quale componente del predetto collegio, potesse essere considerato in conflitto d'interessi con l’azienda da amministrare.
Infatti, l'avv. Aiello, nell'avere riferito al PM circostanze utilizzate dalla Procura della Repubblica di Palermo nel contesto della richiesta di applicazione del provvedimento di amministrazione giudiziaria, si è limitato ad assolvere al suo dovere di cittadino e di pubblico ufficiale. E l'aver maturato, nella precedente qualità di amministratore giudiziario nella procedura Cavallotti, conoscenze su vicende relative a Italgas, lungi dal renderlo potatore di interessi privati, lo rendeva anzi ancora più competente a svolgere il successivo ruolo di componente del collegio di amministrazione giudiziaria della medesima società, posto che l'unico interesse di cui è portatore un amministratore giudiziario è quello pubblico, connesso alle finalità del suo ufficio.
C. L’articolo ha poi riportato in maniera fuorviante i dati relativi ai costi dell’amministrazione giudiziaria.
Infatti, la cifra di circa sei milioni di euro è servita a coprire i costi necessari al funzionamento di uno staff di 43 collaboratori, assolutamente indispensabile agli amministratori giudiziari per gestire, controllare e risanare, nel corso di quasi un anno, l'attività di un'azienda di proporzioni straordinarie come Italgas: 1,3 miliardi di euro di fatturato annuo, oltre 3.300 dipendenti, una struttura operativa presente su tutto il territorio nazionale e distribuita tra la sede legale di Torino e sette distretti territoriali, tra cui il distretto di Roma che è il centro di distribuzione gas più vasto d’Europa (1,8 milioni di utenze), 58.000 km di reti di distribuzione del gas e 6 milioni di utenze da gestire.
Inoltre, anche in questo caso, la misura dell’amministrazione giudiziaria aveva una duplice finalità: garantire la continuità e la produttività dell’attività economica in sequestro e verificare in maniera indipendente la persistenza dei pericoli d’infiltrazione.
È da precisare, altresì, che i compensi dei predetti collaboratori sono stati determinati dal collegio degli amministratori, riducendo notevolmente la retribuzione già prevista per le corrispondenti figure professionali della struttura Italgas.
I compensi del collegio degli amministratori, invece, sono stati sino ad ora liquidati soltanto per il primo semestre di attività, con decreto motivato del tribunale fondato sul rigoroso rispetto dei parametri indicati dalla legge e, comunque, con criteri tali da pervenire a cifre di gran lunga inferiori a quelle previste dal D.M. n. 140/12 per la liquidazione compensi dei professionisti da parte di organi giurisdizionali, e nemmeno lontanamente paragonabili a quelle teoricamente previste dalle tabelle dei rispettivi ordini professionali.
D. L’articolo offre una ricostruzione dell’andamento del procedimento di prevenzione fondata su circostanze oggettivamente non vere.
Anzitutto non è esatto che non siano emerse nel corso del procedimento conferme dei pericoli d’infiltrazione criminale.
Il tribunale, infatti, nel suo provvedimento finale, tenuto conto dei risultati delle indagini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, della consulenza tecnica disposta dal P.M., nonché delle circostanze segnalate dagli amministratori giudiziari in una serie di ponderose relazioni, ha ritenuto non ancora cessato l’oggettivo pericolo d’infiltrazione mafiosa di Italgas; tanto è vero che, per tali ragioni, con il provvedimento di revoca della misura dell’amministrazione giudiziaria, è stata applicata la misura del controllo giudiziario, pure prevista dall’art. 34 d. lgs. n. 159/11, che impone all’azienda di comunicare ad alcune autorità inquirenti i dati relativi a determinate attività contrattuali e gestionali per un periodo di tre anni.
E. È oggettivamente falso che il P.M. abbia chiesto il dissequestro dell’azienda nel mese di maggio del 2014 e che il tribunale abbia revocato il provvedimento nel mese di luglio del 2015, a oltre un anno di distanza da tale presunta richiesta.
Nel maggio 2014, infatti, il P.M. non avrebbe potuto chiedere la revoca di un provvedimento ancora inesistente, posto che l’amministrazione giudiziaria di Italgas è stata disposta nel luglio 2014.
È vero invece che il P.M., a seguito dell’adozione del predetto provvedimento, ha svolto una complessa attività di verifica investigativa e, nel maggio del 2015, ha chiesto al tribunale di poter proseguire ulteriormente la trattazione del procedimento in camera di consiglio, al fine di poter svolgere altri accertamenti.
Il tribunale ha rigettato tale richiesta e, il 21 maggio del 2015, ha invitato le parti a concludere. In tale sede, il P.M. ha chiesto l’applicazione della misura del controllo giudiziario, mentre il tribunale ha depositato il proprio decreto finale, munito di una lunga e complessa motivazione, poco più di un mese dopo.
Precisati i fatti, vanno forniti alcuni fondamentali chiarimenti.
L'amministrazione giudiziaria ha messo a fuoco un complessivo scenario aziendale caratterizzato da un insieme di criticità a vari livelli, che vanno dal persistente rischio d'infiltrazione criminale, alla mancata osservanza di discipline tecniche e giuridiche relative alla sicurezza e alla correttezza e trasparenza dei processi di gestione di appalti e contratti.
Per affrontare tale variegato quadro di criticità, gli amministratori hanno elaborato un ampio piano d'intervento risanatore, sostanzialmente condiviso da Italgas S.p.A. e Snam S.p.A., tanto che i dirigenti di tali società hanno direttamente e attivamente partecipato ai tavoli tecnici istituiti per individuare le misure da intraprendere.
Tenuto conto della complessità e della non breve durata di tale piano di risanamento, è emersa l'esigenza di costituire un nuovo Organismo di Vigilanza ex D.lgs. 231/01, dotato di effettivi requisiti di professionalità e indipendenza, e incaricato anche di monitorare l'attuazione del piano di bonifica in questione.
Sono stati gli stessi difensori di Snam e Italgas a proporre formalmente la costituzione di tale particolare Organismo di Vigilanza, i cui componenti sono stati individuati con provvedimento del giudice delegato, tenuto conto anche delle specifiche indicazioni e del gradimento espresso dai legali delle due società.
Tale organismo, composto dai proff. Giovanni Fiandaca, Andrea Perini e Gianluca Varraso, mai destinatari di incarichi da parte del Tribunale di Palermo, è stato ritenuto “molto qualificato” anche dallo stesso autore dell’articolo ed ha iniziato a operare in completa autonomia e indipendenza rispetto all’autorità giudiziaria, all’amministrazione giudiziaria (ormai esauritasi) e ai vertici di Snam e Italgas. E ciò, anche nella scelta dei collaboratori.
In conclusione, va detto che l’amministrazione giudiziaria ha pienamente centrato i propri obiettivi istituzionali: l’operatività gestionale di Italgas è stata totalmente garantita; è stato assicurato il pieno rispetto degli obblighi previsti dalla partecipazione al gruppo Snam; è stata svolta un’adeguata attività di monitoraggio dell’organizzazione aziendale, della gestione delle gare di appalto e dell’amministrazione delle attività operative; è stato messo a punto e avviato un importante piano di bonifica ispirato a obiettivi di legalità, trasparenza e ottimale funzionamento aziendale.
Infine, risulta superficiale anche la, sia pur sintetica, trattazione della parallela vicenda giudiziaria che ha riguardato le tre società del gruppo Gas Natural operanti in Italia.
Anche in tal caso l'articolo fornisce il dato del costo delle attività dell’amministrazione giudiziaria, senza tuttavia indicare alcun elemento idoneo a valutare la congruità di tale costo rispetto alle reali dimensioni dell’azienda, agli obiettivi istituzionali dell’amministrazione giudiziaria e alle attività effettivamente svolte, così ingenerando nel lettore la sensazione che si tratti di spese ingiustificate. Un’appropriata valutazione di tali dati rivelerebbe, invece, che le risorse impiegate e i costi sostenuti erano necessari al perseguimento delle finalità proprie del procedimento di amministrazione giudiziaria, riguardante un gruppo societario di grande rilievo nazionale.
Dr. Fabio Licata
Giudice del Tribunale di Palermo
È chiaro che se si misurano gli emolumenti di amministratori e coadiutori in proporzione ai ricavi dell'azienda ne vengono fuori cifre enormi, come correttamente indicato dall'articolo. Ma il tribunale di Palermo non ha controllato 58 mila km di rete e 6 milioni di utenze.
Segnaliamo che Raffaele Cantone, presidente dell'Anac, ha commissariato Maltauro per Expo 2015 solo limitatamente al distretto dove si ipotizzavano condotte irregolari (Milano) mentre Italgas è stata commissariata in toto.
Il controllo giudiziario consiste nel semplice obbligo dell'azienda di comunicare in questura le operazioni per importi superiori a 150 mila euro, senza nemmeno fornire la documentazione.
Quanto al resto, nessuno mette in dubbio la collegialità delle decisioni del tribunale e l'indicazione del maggio 2014, anziché maggio 2015, è un semplice errore materiale. (G. Tur.)
Che affarone quel sequestro scrive l'avv. Cappellano Seminara
Scrivo per esprimere sconcerto in merito all'articolo "Che affarone quel sequestrio” di Gianfrancesco Turano (“l'Espresso” n. 40). Sottolineando che il giornalista non mi ha mai contattato per verificare la veridicità delle informazioni in suo possesso, scrivo per rettificare le notizie false e sommarie riportate nell'articolo.
Per quanto riguarda il mio impegno in Calcestruzzi s.p.a., è bene ricordare che il Provvedimento di Sequestro Preventivo è stato emesso dal Tribunale di Caltanissetta - ufficio del GIP e non come erroneamente riportato nell'articolo dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo che quindi non aveva, e non ha, alcuna competenza sulle autorizzazioni alla liquidazione degli onorari nella misura in argomento.
Per circa 3 anni di attività in qualità di Amministratore Giudiziario e circa 1 anno di attività di Organismo Esterno di Vigilanza, Controllo e/o Garanzia di Calcestruzzi s.p.a. - società che all'epoca contava oltre 1.000 dipendenti, 15 direzioni di zona, 250 impianti di produzione del calcestruzzo sparsi su tutto il territorio nazionale da Courmayeur a Gela, 60 cave e fatturava oltre 600 milioni di euro all'anno e che durante il periodo dell'Amministrazione Giudiziaria ha dovuto confrontarsi con la spaventosa crisi del settore edile - ho personalmente ricevuto compensi per complessivi euro 1.906.250,01. Tale ammontare è stato pre concordato con il Tribunale di Caltanissetta, Ufficio del Gip, con il vaglio positivo della Procura della Repubblica di Caltanissetta, in quanto in linea con il solo costo aziendale complessivo - all'epoca euro 604.000/anno, incluse indennità e contributi - precedentemente sostenuto da Calcestruzzi s.p.a. per l'Amministratore Delegato, Mario Colombini, in carica prima dell'ordinanza di sequestro preventivo da parte del Tribunale di Caltanissetta. Nei quattro anni di mia gestione sottolineo essere stato l'unico rappresentante legale di Calcestruzzi s.p.a. e delle 5 società controllate dalla stessa, non potendomi avvalere di una governance collegiale.
L'istanza di liquidazione da me presentata al Giudice del Tribunale di Caltanissetta in data 23 giugno 2011, in assenza di un tariffario riferito specificamente alle Amministrazioni Giudiziarie, è stata calcolata in una media ponderata tra le tariffe adottate dal Tribunale di Napoli del 1993, le tariffe dei Curatori Fallimentari e quelle dell'Ordine degli Avvocati, e, quindi, non su base discrezionale come si vorrebbe, invece, far intendere.
Tale quantificazione, peraltro, solo proposta e portata al vaglio del Tribunale di Caltanissetta, computata al netto di quanto già percepito e inclusiva del lavoro svolto nei quasi 4 anni - e non 200 giorni come asserito nell'articolo - dal team dell'Amministrazione Giudiziaria, impegnato in azienda e composto da 18 professionisti, è stata di euro 10.245.819,49 e non di 18 milioni come riportato.
Peraltro, di tale team facevano parte undici professionisti dell'area tecnica fra ingegneri, geologi e un informatico, che costituivano il team business control, specificamente previsto dal modello Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs. 231/01, adottato dal Consiglio di Amministrazione “indipendente” della società Calcestruzzi s.p.a., nominato dalla Italcementi s.p.a., in costanza di Amministrazione Giudiziaria. Pertanto il loro costo è da considerarsi costo diretto aziendale e non costituisce compenso dell'Amministrazione Giudiziaria.
A fronte del diniego del Presidente del Tribunale di autorizzare tale liquidazione, così riducendone l'importo, ho proposto impugnazione, come era mio diritto, avverso il provvedimento del Tribunale di Caltanissetta e la causa ha già superato due gradi di giudizio ed è ora in attesa di quello della Cassazione. E' quindi nuovamente falso affermare, come si è fatto nell'articolo, che il ricorso in Cassazione è stato proposto dal Gruppo Italcementi.
Altrettanto falso è asserire, come ha fatto il giornalista, che la liquidazione della seconda fase della procedura non sarebbe “passata al vaglio del Giudice”. Questa invece è parimenti come la prima (fase) passata al vaglio positivo sia del Tribunale di Caltanissetta - Ufficio del GIP, sia della Procura di Caltanissetta.
E d'altronde, tenuto conto che la seconda fase era costituita dall'assunzione da parte dello scrivente della veste di Organo Esterno di Vigilanza Controllo e Garanzia, in relazione all'esatto adempimento delle prescrizioni imposte dall'Autorità Giudiziaria alla Calcestruzzi s.p.a., siccome da quest'ultima, unitamente alla Italcementi s.p.a., espressamente voluto dalle stesse nell'ambito della relativa proposta di dissequestro con prescrizione a firma dei rispettivi legali rappresentanti, con atto depositato in Tribunale, non poteva essere diversamente avendone con il riferito atto assunto espressamente il relativo onere. Ed anzi con l'istanza in argomento le due società si erano obbligate a sostenere l'onere dell'intera procedura sino al rilascio dell'assurance e tali oneri non solo erano stati pre concordati con il Tribunale di Caltanissetta e con il visto della Procura, ma erano addirittura riportati nell'ambito del provvedimento medesimo.
Nel pieno rispetto del diritto all'informazione, la delicatezza e la complessità della materia imporrebbe un controllo e un'analisi scrupolosa delle informazioni. Siamo invece in presenza di un articolo “di inchiesta” superficiale che non contribuisce ad un approfondimento delle conoscenze ma soltanto ad alimentare un pericoloso clima nei confronti miei e dei miei familiari.
Avv. Gaetano Cappellano Seminara
La cifra indicata (18 milioni di euro) risulta dalla semplice addizione approssimata per eccesso fra i 10,2 milioni richiesti e i 7,6 milioni di euro già versati da Italcementi (17,8 milioni di euro complessivi).
Appare fuorviante, come nel caso di Italgas, ricavare questa cifra dall'intero giro d'affari di Italcementi tanto che le sentenze del tribunale acquisite finora hanno di molto ridotto la somma richiesta da Cappellano Seminara. Ed è anche fuorviante paragonare la richiesta di Cappellano Seminara allo stipendio dell'amministratore delegato di Italcementi. Colombini non lavorava per una media di 1,7 giorni alla settimana e non aveva un centinaio di altri incarichi svolti contemporaneamente. (G. Tur.)
In difesa della presunzione di innocenza
Ho letto con molta attenzione l'articolo di Gianfrancesco Turano “Che affarone quel sequestro” (“l'Espresso” n. 40).
La vicenda Italgas è stata oggetto della lettera che ebbi ad inviare in Commissione Nazionale Antimafia e con la quale chiarivo i rapporti di natura assolutamente lecita intercorsi tra la Italgas e la Euro Impianti plus, amministrata dai miei cugini e dai miei fratelli. Smentivo altresì, producendo un ampio compendio documentale, le affermazioni fatte dai pubblici ministeri Scaletta, De Lucia e Petralia nel corso della loro audizione in Commissione.
Se solo si ponesse attenzione ai fatti che ho elencato in quella lettera si potrebbe ben comprendere come l'amministrazione giudiziaria di Italgas sia stata preparata ad arte - mi verrebbe da dire "a tavolino"! - per arrivare - questo era lo scopo ultimo - alla Snam attraverso una serie incredibile di sequestri a cascata che ha travolto la mia famiglia. Lo schema è sempre lo stesso: l'amministratore giudiziario segnala l'esistenza di una azienda che ha l'unica colpa (questo è l'indizio che giustifica il sequestro!) di fare "concorrenza" all'azienda da lui amministrata; questa azienda viene pertanto sequestrata e affidata allo stesso amministrazione giudiziario e così via.
Peraltro, l'ingiustizia di una legge fatta male e applicata ancor peggio (mettendo in ginocchio l'economia sana di una intera Regione) ha spinto me ed altre vittime di (da tempo) sistematici "errori" giudiziari ad unirci in una associazione senza scopo di lucro con l'obiettivo - lo dico in maniera molto sintetica - di difendere la presunzione di innocenza, i diritti del proposto nel processo di prevenzione, il diritto alla difesa innanzi ad un giudice terzo ed imparziale. Tale associazione ha il fine ultimo di proporre alcune modifiche del Codice Antimafia che rendano il sistema della prevenzione antimafia compatibile rispetto ai principi della Costituzione. Siamo convinti che non si possa ventilare lo spettro della mafia per espropriare (senza condanna!) Interi patrimoni, rovinare vite e violare diritti costituzionalmente garantiti.
Pietro Cavallotti